Peppino si offri quella sera di sopperire a quella latitanza offrendosi di scrivere lui stesso una lettera per denunciare la cosa all’Ispettorato del lavoro. In fin dei conti, anche se non iscritto all’Albo era pur sempre un laureato in Giurisprudenza. Glielo lascia fare con l’intesa che il giorno dopo me l’avrebbe portata e il giorno dopo mi presentai in servizio e andai ad apporre la firma davanti a Vittorio. “Vedo che sei intelligente!” mi disse. Poi presentai la mia lettera di rimostranze. La lettera volevo consegnarla di persona, direttamente nelle mani del sindaco. Paolo Sanitate mi disse che il sindaco era impegnato e non era nella sua stanza. “E dov’è?” “Nella stanza del Vicesindaco” e si alzo dalla poltrona per richiamarmi mentre uscivo. “Guarda che stanno facendo la Giunta!” Aprii la porta senza pensarci. Cologno stava seduto alla scrivania di Minischetti il quale vedendomi entrare, disse: “Vedi che siamo in riunione di Giunta!” ed erano tutti seduti intorno alla scrivania da dove Cologno si alzò con fare deciso venendo verso di me, ero rimasto fermo sulla soglia della doppia porta col braccio teso e la mano sull’anta per tenerla aperta. Difficile riportare un dialogo fatto mentre si è adirati per cui sono costretto a ricostruirlo sulla base di alcune frasi di cui mi resta comunque un vivido ricordo. “Vedi che tu la devi smettere di dare fastidio!” disse lui di fronte a me sulla porta che continuavo a tenere aperta col braccio disteso per contrastare il soffietto che che spingeva a chiuderla. “Sei tu che stai continuando a darmi fastidio!” gli risposi. “Io ho fatto la richiesta di un congedo che mi spetta di diritto e tu non hai autorità per impedirlo!” “Aspetta che sia la Giunta a stabilirlo!” “C’è una legge…” “Ma quale legge? Dov’è scritto?” “La legge sulla maternità è riportata su qualsiasi copia del Codice Civile!” “E fammela vedere questa legge che dice che tu te ne puoi andare quando vuoi con una semplice richiesta!” “Il Codice Civile lo stabilisce… e non si può impedire e ritardare il godimento di una norma che stabilisce un diritto…” E qui mi interruppe con una frase in dialetto che non saprei come riprodurre per cui sono costretto a trasdurla in un italiano raccogliticcio: “Tu la devi finire di fare ‘U cicc’ cappucc’” per cui, intendendo solo vagamente cosa significasse, replicai: “Se qui c’è nu cicc’ cappucc’, quello sei tu!” Tutto questo a muso duro, nel vano della doppia porta, con quella massa insulsa di Giunta che stava a sentirci. “E trovala la legge e vediamo cosa dice!” “Aspetta, che mo’ te la porto!” e andai in Archivio passando dalla sala rossa. “Cecchì, ce l’avete il Codice Civile” Cecchino Gagliardi, l’Archivista, aveva certo sentite le urla. “No, non ce l’abbiamo il Codice”. “E dove lo trovo?” “Prova a chiedere in Segreteria”. Andai in Segreteria e le povere signore, che pure loro aveva sentito quella diatriba, alzarono le spalle. Dove trovare un Codice Civile? Da Presutto! Il Capo Ufficio Personale, il dottor sottile del Comune. Aprii la porta della sua stanza, come una folata. “Miche’, mi dài il Codice civile? E quello, quasi rannicchiandosi sulla scrivania, rispose: “Giova’, n’ m’ mettenn ’nd’impicce’!” A che vale infierire?! Richiusi la porta e tornai alla stanza del vicesindaco e, aprendo la porta nello stesso modo, e a Cologno che mi veniva incontro come prima, quando mi fu davanti gridai forte e in modo plateale per farmi ben sentire: “Sindaco! Su questo Comune non esiste né Codice né Legge!» “Tu la devi finire di rompere. Non siamo più nel Sessantotto” mi rispose. E poi aggiunse la frase fatidica: “ Tanto a certe cose non ci crede più nessuno!” “È proprio quando nessuno più crede in certe cose” gli risposi all’impronta “che bisogna battersi per esse!” facendo l’imitazione di un perdente eroe in un film di Frank Capra degli anni quaranta. Non ho un ricordo del seguito. Certo me ne andai dopo aver consegnato a Paolo Sanitate la mia lettera e del tutto orgoglioso dell’impeto mostrato in quel confronto ma, di più, per aver vissuto realmente un momento che solo nei film sembrano probabili. Poi venne Peppino Donnanno a portarmi la lettera scritta da lui da inviare all’Ispettorato del lavoro e consegnai anche quella. Su un risvolto di una copia che conservo c’è una mia annotazione di quei giorni. Mia annotazione Per la prima volta qualcuno scrive una lettera per me. Sono stanco e ho lasciato a Peppino anche il compito di batterla a macchina. Non mi piace tanto ma tutto fa brodo a questo punto. Io l'avrei scritta diversamente ma accontentiamoci se qualcuno ci dà una mano. Fine annotazione
La musica del sito sanseveropuntoit 3 giugno 2022 Prot.43 del 16/01/1985 Prot.44 del 16/01/1985
Capitolo QUARTO incubo di una notte di pieno inverno L
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LETTERA mia del 16 gennaio 1985
LETTERA all’Ispettorato del Lavoro del 16 gennaio 1985