GIORNI FATIDICI Ci penserò, avevo risposto, con tono di chi si sente sicuro, ben sapendo che mi trovavo nella stessa condizione di un cittadino dello Zaire costretto a votare liberamente pro o contro Mombutu infilando nell’urna e a vista di tutti, una scheda verde per votargli a favore o una rossa per dire che gli era contrario. Mi ero chiesto più volte che cosa avrei fatto in quel caso, se fossi stato un cittadino dell’ex Congo e rimane ancora oggi sospesa la questione se è meglio morire che vivere in un paese da schiavo. “Ci penserò” ripetei ma erano ormai le due e ognuno se ne tornò a piede libero in famiglia a insegnare ai propri figli come sia meglio vivere in una Repubblica democratica e non nel Congo. Infilargliele tutt’e due nell’urna poteva essere una soluzione? Poi, come accade nei momenti cruciali, compresi che potevo fare una sola cosa. Andai a trovare Michele Irmici che allora lavorava al Cmas, creato grazie al mio mai riconosciuto contributo sotto l’amministrazione Carafa quando gli facevo da segretario e gli chiesi se fosse disposto a mettere in ciclostile un manifestino che gli avrei portato in serata. Devo dire che fu estremamente disponibile senza tentennamenti. In fin dei conti partecipavo a quel giornaletto, Il Picchio Rosso, dal quale ero stato estromesso ed era stato proprio lui il messaggero che mi aveva portato quell’invito a farmi da parte. Preparai un manifestino sotto forma di Lettera Aperta e gliela portai in serata. La mattina dopo, il 12 aprile lui mi consegnò, di buon ora, oltre cento copie di quel manifestino dicendomi che ci aveva lavorato tutta la notte. E di buon ora, la mattina del 12 aprile ero davanti al Palazzo Celestini prima dell’orario di apertura degli uffici a distribuirne copia ai dipendenti che arrivavano. Per quelli che non amano leggere, risparmio loro la fatica, riportandone il succo già tutto riassunto nell’incipit: “Sembra che questa Amministrazione Comunale non debba trovare limiti alla propria noncuranza nel calpestare le più elementari norme che riguardano i diritti della persona” e dopo un breve riassunto dei fatti facevo presente che tacevo della mia prima reazione all’ultimo ordine di servizio solo per educazione (sic!) e che era mio intento rifiutarmene “per protestare contro il costume e i modi che l'A.C. pone in atto in dispregio della dignità della persona e del lavoratore, declassato a rango di suddito, considerandolo uno stupido esecutore privo di responsabilità e dignità, un sottoposto su cui esercitare un diritto di potestà”. Queste sono parole che non si possono riassumere! Continuavo, poi, con la protesta del calpestamento dei diritti della persona nella convinzione di dover rintuzzare ogni tentativo di umiliazione contro la dignità personale “con la mente rivolta a tutti quelli che subiscono in silenzio perché rassegnati a pensare che l'unico modo per vivere tranquilli sia quello di uniformarsi al Medio Evo che stiamo vivendo”. Questo per il vigile, concludendo che avrei ancora per quel mese provveduto alla elaborazione degli stipendi solo per il mio senso di responsabilità nei confronti dei dipendenti preavvertendoli che dal mese di maggio successivo mi sarei “in ogni caso” rifiutato di sottomettermi a futuri e ulteriori ordini di servizio. Devo dire che, rileggendola oggi, la ricordavo peggiore avendo in mente più la minuta dove parlavo di regime borbonico, di Repubblica delle Bananas, di dittature democratiche e altre considerazioni simili; tutte cose che eliminai per brevità, per non pesare su Michele Irmici e per contenere il tutto in un solo foglio.
Capitolo QUARTO GIORNI FATIDICI
La musica del sito sanseveropuntoit 27 maggio 2022 Prot.08 del 12/04/1984 indietro continua
LETTERA APERTA DEL 12 APRILE 1984