… segue A fronte di quel suo comportamento, feci qualche accenno alle lotte radicali contro la mala giustizia e al loro impegno, per quanto lo reputassi inutile e quasi compulsivo, a favore delle condizioni dei detenuti nelle carceri italiane; alle tante iniziative a favore di dissidenti perseguitati in altre parti del mondo come quelle a favore di una donna arrestata in un paese mediorientale per aver contravvenuto all’imposizione del velo e per questo condannata ad essere frustata… e loro a riunirsi nelle loro conventicole con interventi farciti di applausi… facendo il confronto con la radicale indifferenza mostrata verso il mio caso per quanto rappresentasse un sopruso incredibile per il calpestamento dei diritti inviolabili della persona e un atto di accusa contro la gestione di stampo mafioso del potere politico locale con le più che evidenti collusioni con il potere giudiziario. Mi limitai a chiederle: «Le posso raccontare una storia?» e, avendone avuto il consenso le raccontai di un cartone animato: «…credo che fosse giapponese, ma non di quelli a cui siamo stati abituati più di recente perché quando l’ho visto dovevo forse avere meno di dieci anni. Ebbene in questo film di animazione si rappresentava la storia della piccola fiammiferaia, ambientata in una città occidentale forse di fine ottocento, forse Parigi o forse Londra, e che iniziava con l’ingresso di una folla di persone in un cinema dove si proiettava la favola così come la conosciamo e, al termine dello spettacolo, mostrava questi spettatori che uscivano dalla sala commossi e intristiti dalla storia a cui avevano assistito e tra questi due donne che si asciugano gli occhi con fazzoletti ricamati e tanto coinvolte e sconvolte dalla favola da non accorgersi della piccola fiammiferaia che, seduta per terra davanti all’ingresso, chiede l’elemosina senza essere notata…» credendo che questo fosse un modo elegante per esprimerle, senza prenderla di petto e senza inveire, il comportamento che imputavo a lei e ai radicali. Mi ascoltò senza interrompermi e, alla fine, ebbe addirittura il coraggio di fare un apprezzamento sulla capacità artistica del regista nel raccontare una favola tanto risaputa! Che dirle a quel punto? Che era solo una «stronza» esattamente come quelle due donne del filmato!? Ma questo mi limitai solo a pensarlo. Non lo dissi e, se non ricordo male (visto che non ho preso appunti per quanto andavo dicendo io) le feci, per tergiversare, l’esempio di quel relatore che nel corso di uno di quei convegni radicali sulla giustizia affermava, per me in maniera strabiliante, che ‘non tutti i magistrati sono da condannare’ in quanto a suo dire ‘ve ne sono anche di buoni, che vi sono anche magistrati seri che credono nel loro lavoro e che svolgono bene il compito che è loro affidato’, ripetendo questa frase con l’insistenza di chi se ne vuole convincere o vuol dare a vedere di esserlo… come a dire, ad un ammalato che in quell’ospedale dove si sta ricoverando vi sono ‘anche’ dei medici seri che sanno far bene il loro lavoro e ciò al fine di rassicurare il paziente in attesa di esservi operato! Aggiunsi che se anche fossi stato da ricoverare, ciò era avvenuto calpestando i miei diritti costituzionali con l’aggravante che, per ammissione dei due medici firmatari, non ero stato neppure visitato mentre i giudici avevano omesso di considerare la cosa… e che dopo quel primo contatto di sei mesi prima avevo creduto di poter meritare l’attenzione di radio radicale come mi era sembrato di capire in quella prima telefonata… La risposta che mi diede mi lasciò del tutto senza parole e cioè che l’interesse che mi aveva mostrato era ad utilità dei soli ascoltatori della radio in quanto, a fronte della gravità di quanto avevo detto al telefono, non poteva far finta di niente e passarla sotto silenzio e, quindi, si era sentita costretta a mostrare interesse per il mio intervento solo per non sfigurare davanti a chi era in ascolto del suo programma…! Ma, allora, perché contattarmi in seguito? Perché illudermi con la possibilità di indirizzarmi ad un avvocato radicale, «uno bravo» come mi disse «che li sa trattare questi casi»? Le chiesi almeno di indicarmi, di darmi la possibilità di contattarlo questo avvocato ma… Ma lasciamo perdere! Mi stanca persino parlarne, ora, dopo quattro mesi e già ne ho parlato abbastanza fino ad ora. Ma quella dichiarata chiusura e il modo incivile e addirittura offensivo di quelle sue affermazioni che non riuscivo in alcun modo a giustificare a darmene ragione continuava ad inquietarmi. Poteva chiuderla subito la telefonata! Aveva detto che aveva tante cose da fare eppure mi aveva dato anche troppo spazio, persino facendomi raccontare la storia della piccola fiammiferaia. Poteva dire: non rientra tra le mie attività, si rivolga a qualcun altro o suggerirmi il nome di quell’avvocato «tanto bravo» come ebbi modo di richiederle di nuovo senza averne riscontro se non quella spocchiosa chiusura, impenetrabile e tanto inusitata da lasciarmi inebetito, come al risveglio da un incubo! segue…
sanseveropuntoit, 3 maggio 2019
UNA RADICALE INDIFFERENZA
Giovannantonio@aruba.it
Giovannantonio Macchiarola
ILLUSIONI PERDUTE
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