Dicevo, miei cari sei lettori, che dopo quindici anni sono ormai abituato al silenzio mafioso e non meraviglia che echeggi ancor oggi nei corridoi di palazzo Celestini. Per darvene prova ed esempio, riporto una lettera aperta inviata all’assessore Caposiena nel 2004 in occasione della elezione per il nuovo Consiglio comunale. In tale periodo elettorale ebbi l’occasione di prendere la parola in una affollata assemblea cittadina convocata dal mammasantissima assessore uscente Fernando    Caposiena per la presentazione del proprio programma quale candidato sindaco. Nel corso del mio intervento ebbi modo e agio di esternare senza alcuna remora il mio giudizio su tale personaggio definendolo « mafioso », « verme », « cancro » e con altri epiteti e affermazioni che, esposte in maniera ironica, mi riconducevano a ringraziarlo per il fatto che da ormai due anni continuavo, per le sue manovre vendicative contro la mia persona, a percepire lo stipendio senza che, «per sua intercessione», svolgessi alcuna attività di lavoro.
Capitolo Quarto
Il mafioso giocoliere silente
Il silenzio è mafia (5)
sans everopuntoit, 12 aprile 2017
Il fatto di non aver suscitato reazioni da parte di chi presiedeva quella riunione, che si era limitato soltanto a chiedermi, come si usa, di non dilungarmi troppo, né, tanto meno, dello stesso assessore e dei suoi sostenitori, dai quali, una volta finito l’intervento, venni invece accolto e complimentato come uno di loro, mi fece decidere a scrivere una lettera aperta all’assessore in cui riprendevo ed esponevo più estesamente le mie accuse e le mie argomentazioni per lasciarle alla storia. Di quella lettera aperta, oltre a pubblicarla sul sito, feci opera di attivo volantinaggio in quei giorni per cui, dato il clima elettorale, il mio attacco ebbe la sua appropriata diffusione. Dopo averla letta, come le riporto di seguito, ditemi voi, miei cari sei lettori, se non meritassi dalla giunta ancora in carica almeno un rimprovero per il disdoro che ne derivava al Caposiena e a una intera amministrazione. Ma, niente. A mafia e silenzio viaggiava e viaggia questa amministrazione bacata. E pensare che mi ero stato fatto un addebito solo per essermi rivolto alla dipendente Elena Colio - che si era resa disponibile ad essere usata quale esca nell’attuazione del criminale complotto - chiamandola «Elena di Troia»! Inoltre, nel corso dei due anni trascorsi avevano attivato procedimenti disciplinari capotici, con motivazioni del tutto assurde e infondate, orditi solo per tenermi sotto pressione ma ora che ce ne sarebbe stata documentata ragione, niente! Silenzio!
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CAPITOLO QUARTO ll Silenzio è Mafia
AVANTI AVANTI