Rimasi in attesa, posso dirlo? Trepidante.Ogni giorno ho aperto la posta; poi sempre più di rado. Troppoimpegnatonellascalataallasegreteriadelpartito, alla sedia ambita di deputato, alla carriera politica?Avevocominciatoaseguirlointuttelesueapparizioniin televisione,acondividereilpathosdellesuescelte,apensaredi poterglisuggeriresoluzioni,farglidaconsigliere,asoffrireper lesueambivalenzefinoamandargliunmessaggiosu FaceboockmentreannunciavacheavevaparlatoconRenzie che questi gli aveva promesso… “Non fare il Cuperlo!”, gli avevo scritto. Mieroconvintocheappenasifosseliberato,miavrebbe telefonato.InfindeicontierafuoriBari,impegnatonellasua scalata e… della scala da scegliere. Ma l’attesa non fece che confermare la delusione. Troppo cocente da poterla digerire in silenzio, senza reagire! Losdegnoeratalecheandavoripetendomi:“Quoquetu?” come se quello mi dovesse qualcosa.Epoi,seusavafaceboockinpresadiretta,avevaanchel’uso della posta elettronica.Cadute,dunque,legiustificazionicheavevoipotizzatoa giustificazionediquelsilenzio,escadutoiltempochegliavevo concesso,meneindignaidefinitivamenteepensaicheavrei dovutotrovarelachiavegiustaperperforarequellacorazza; dovevometterloall’angolodifronteasestesso,allasuastessa proposta politica, alla missione che diceva d’essersi dato.Non riuscii a fare di meglio di quanto i miei sei lettori potranno leggere nella pagina seguente.