Lufficiochenoncè
L’ASSURDA RAGNATELA
…continua
Comprendendo,
comunque,
che
in
un
qualche
modo
aveva
cambiato
opinione
sul
mio
conto,
gli
dissi
ancora
una
volta
che
volevo
richiedere
un
“trattamento volontario”per far cessare quello obbligatorio.
Tergiversò
dicendo
che,
se
avesse
acconsentito,
avrei
potuto,
in
tal
caso,
chiedere
le
immediate
dimissioni
dal
ricovero
e
che,
visto
che
continuavo
il
mio
digiuno,
se
fossi
stato
dimesso
e
mi
fosse
accaduto,
che
so?,
di
svenire
per
strada
o
un
altro
malanno,
avrebbe
dovuto,
in
tal
caso,
rispondere
di
colpa
grave
per
aver
acconsentito
a
mutare
il
trattamento
obbligatorio
in
volontario.
Era
una
scusa
stupidamente
alambiccata
per
ritenerla
plausibile
ma
il
giorno
dopo
mangiai
e
quello
Stoduto,
avendolo
saputo,
venne
a
dirmi
che
stava
preparando
le
mie
dimissioni
ma
che,
poiché
occorreva
aspettare
il
risultato
delle
analisi
e
c’era
il
sabato
e
la
domenica
di
mezzo,
poteva
esserci qualche ritardo in quanto non c’era il primario per firmarle.
Ad
aiutarmi
a
sopportare
quei
giorni
servì
decisamente
il
sostegno
che
mi
dette
Peppino
Donnanno
al
quale
avevo
chiesto
di
recuperare
la
mia
borsa
lasciata
in
ufficio
e
che,
in
quei
cinque
giorni,
tutte
le
sere
venne
a
trovarmi,
trattenendoci
a
parlare
e
a
giocare
a
scacchi
nella
sala
d’attesa
del
reparto
fino a tarda ora, oltre la mezzanotte.
La
sera
del
10
giugno,
Stoduto
venne
a
trovarmi
per
annunciarmi
che
aveva
approntato le mie dimissioni.
Quando
le
lessi,
mi
inalberai:
“Che
significa
questa
cosa?
Disturbi
della
personalità? Io non ho alcun disturbo!”
“Ma
non
significa
niente”
mi
rispose.
“Tutti
abbiamo
dei
disturbi
della
personalità.
È
un
modo
generico
di
dire
e
dovevamo
scrivere
qualcosa
per
giustificare il Tso e le sue dimissioni”.
Insistetti
sulla
questione.
“Io
non
ho
disturbi
della
personalità.
Semmai…”
ma mi interruppe.
“Tutti
quanti
li
abbiamo.”
E
poi,
forse
intuendo
come
volessi
concludere
il
mio
“Semmai”,
aggiunse:
“Anche
io,
cosa
crede?
Se
andiamo
a
guardare,
anch’io ne ho. Non vuol dire niente!”
“E
se
non
vuol
dir
niente,
perché
allora
l’ha
scritto?
Quale
sarebbe
il
mio
disturbo?”
Ma
niente
da
fare!
Come
si
può
parlare
con
uno
Stoduto,
o
con
uno
stupido,
specie se fa il gioco di farlo!
Mi
sembrò
anche
inutile
fargli
notare
come
fosse
prassi
normale,
visto
che
era
scritto
nello
stampato,
la
possibilità
di
mutare
un
trattamento
obbligatorio
in
volontario.
Ma
l’importante
era
uscire
e,
sbagliando,
smisi
di insistere oltre.
continua…
Capitolo UNDICESIMO
L’UFFICIO CHE NON C’E’