Lufficiochenoncera DIRIGENTI, VIL RAZZA DANNATA! ….segue Con tale Ordine di servizio, indirizzato, questa volta, non più al Responsabile Urp ma al declassato “Istruttore amministrativo”, mi si ordinava “di ricevere ed istruire, avvalendosi del personale assegnato all'Ufficio le domande per A.F. relativi al corrente 2001” e “di far fronte, contestualmente, alle liquidazioni in corso e relative all’anno 2000” con minaccia, in caso di rifiuto o ritardo, della “adozione di provvedimenti di legge nei suoi confronti”. Credevo di vivere in un paese civile, dove ci sono regole e norme da rispettare e conseguenze di tipo amministrativo e/o penali qualora non fossero osservate. Non mi rendevo ancora conto che non avevo a che fare con persone, uomini e donne, di cui non avere timore fin quando si ha ragioni da contrapporre nonché il diritto e il dovere di rispondere a ingiunzioni capotiche o vessatorie. Avevo reagito in altri tempi a disposizioni ingiuste e a minacce certamente più cogenti di quelle che adesso mi si voleva imporre con puerili intimidazioni ma, se anche ritenevo che quella dirigenza fosse composta da ignoranti, irresponsabili, scorretti, disonesti, iniqui, e persino malvagi personaggi, non potevo sospettare che fossero anche farabutti, malviventi e, addirittura, criminali capaci di infamie inconcepibili! Il 5 giugno del 2001, poco prima della chiusura degli uffici, vennero a trovarmi Carolina Tricarico e Pietro Zaccaro, due persone che potevo considerare in amicizia. Carolina non era strano che venisse a trovarmi a quell’ora, anche si mi apparve in un qualche modo turbata. Strana, invece, quella visita di Zaccaro, mai venuto prima nel mio ufficio, che, stranamente, mi chiese se volessi tenergli compagnia dopo che avesse pranzato in quanto doveva andare a Lesina, o in un altro luogo di mare, per preparare la barca che aveva di recente acquistato. “Così passiamo insieme un pomeriggio…”. Compiaciuto da quell’inaspettato invito, ci mettemmo d’accordo sull’orario e, fino a notte inoltrata, ebbi occasione di trascorrere una giornata diversa e lontano dal mio ufficio, parlando del più e del meno; delle ultime vicende che mi riguardavano e di cose personali in perfetta amicizia da parte mia. Quella mezza giornata trascorsa insieme a lui fino a tardi, mi aveva distolto dall’impegno di completare la mia lettera di risposta all’Ordine di servizio per cui la mattina del 6 giugno 2001, dopo averla completata e rivista, alle ore 9.32 andai a consegnarla al Protocollo. segue…
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Capitolo DECIMO L’UFFICIO CHE NON C’ERA Parte quINTA
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