Lufficiochenoncera
DIRIGENTI, VIL RAZZA DANNATA!
….segue
Non
saprei
dire
quanto
tempo
passò
esattamente
ma
dopo
circa
mezz’ora
o
forse
meno
ricevetti
una
telefonata
da
Elena
Colio
che
mi
invitava
a
raggiungerla
in
Segreteria
perché
aveva
da
dirmi
qualcosa
che,
per
quanto
insistessi,
non
poteva
assolutamente
riferirmi
al
telefono.
Dal
tono
in
sottovoce
di
quella
sua
insistenza
a
raggiungerla
ebbi
idea
che
volesse
comunicarmi
qualcosa
di
segreto
a
proposito
della
lettera
che
avevo
consegnato al protocollo.
Quel
giorno
erano
assenti
sia
Ugo
Berardi
che
Lucia
Cataleta
e
le
risposi
che
in
quel
momento
non
potevo
muovermi.
Feci,
poi,
anche
un
commento
con
Maria
Florio
dicendole
che,
evidentemente,
la
mia
lettera
di
risposta
all’ordine
servizio
aveva
raggiunto
il
suo
scopo,
vista
l’insistenza
con
la
quale
la
Elena
Colio
mi
aveva
chiesto
di
raggiungerla
e
che,
dal
tono
della
voce,
voleva
certamente
comunicarmi
qualcosa
di
cui
era
venuta
a
conoscenza
nel
frattempo,
qualcosa
di
segreto
tanto
da
non
potermela
comunicare al telefono per non scoprirsi.
L’ultimo
cliente
di
quel
giorno
fu
un
ragazzo
di
tredici
o
quattordici
anni
con
il
quale,
dopo
aver
risposto
alle
sue
iniziali
richieste
di
informazioni,
mi
attardai
a
parlare,
piacevolmente
colpito
dalla
sua
perspicacia
e
dagli
interessi
che
aveva
a
livello
informatico.
Quando
andò
via
con
la
promessa
che
sarebbe
tornato
ancora
per
continuare
quella
chiacchierata,
dissi
a
Maria:
“Visto
che
è
abbondantemente
trascorso
l’orario
di
apertura
al
pubblico,
possiamo
chiudere
l’ufficio.
Dài,
vieni
con
me
a
sentire
cos’ha
da
dirmi
Elena
Colio!”
perché
quella
faccenda
riguardava
anche
lei,
in
fin
dei
conti.
Passando
davanti
all’ingresso
della
Ragioneria,
notammo
due
auto
blu
dell’ospedale con la scritta ‘Igiene Mentale’ sul fianco.
“Ecco, sono venuti a prendermi!” dissi ridendo.
“Una per te e una per me” mi fece eco Maria, ridendo anche lei della cosa.
In
piazza
Municipio
incontrammo
Domenico
Santoro
con
il
quale
scambiai
qualche
parola
e,
poi,
salendo
le
scale,
ci
fermammo
a
parlare
con
Maria
Triaca
che
era
stata
con
me
ai
tempi
del
Ticket
e
con
la
quale
Maria
Florio
aveva lavorato all’Anagrafe.
Quando
entrammo
in
Segreteria,
Elena
Colio
si
alzò
dalla
sua
sedia
vicina
all’ingresso
e
con
un
gran
sorriso
tra
i
suoi
capelli
biondi
mi
venne
incontro
e
con
gesto
invitante
mi
fece
cenno
di
seguirla
verso
la
porta
chiusa
in
fondo
alla
stanza
per
comunicarmi
oltre
quella,
e
al
riparo
da
orecchie
indiscrete,
il
segreto
che
custodiva,
aprendola
e
facendosi
subito
indietro
per richiuderla poi di colpo alle mie spalle.
Mi fermo.
“Maledetto
l’uomo
che
confida
nell’altro
uomo”
e
stramaledetto
l’uomo
che confida in una donna, dicevo a mia moglie!
Mi fermo?
Come raccontarlo quel momento?
“
MARIA!
MARIA!
Fate
entrare
Maria!
”
gridai
disperato,
vedendo
sulla
mia
sinistra,
quasi
emerso
dal
muro,
un
grasso
infermiere
con
la
siringa
gocciolante
nella
mano
e
Ciro
Sacco,
il
comandante
dei
Vigili
Urbani,
farsi
avanti
dal
lato
destro
della
stanza
dicendo:”No!
Maria
non
può
entrare!”
e
disperato,
addossandomi
con
la
schiena
alla
porta,
con
voce
piagnucolosa
e
infantile
supplicai:
“No,
la
siringa
no!
Non
fatemi
la
puntura.
Per
favore,
la
puntura no!”
BASTA!
Ho bisogno di darmi respiro!
Capitolo DECIMO
L’UFFICIO CHE NON C’ERA
Parte quINTA