Lufficiochenoncera
L’ULTIMO ATTACCO A COLOGNO
Non
erano
trascorsi
molti
giorni
dall’ordine
di
servizio
del
18
aprile,
quando
Cologno
irruppe
nel
mio
ufficio
dicendo
con
veemenza:
“Prendi,
adesso,
subito,
tutte
le
pratiche
degli
assegni
e
mandale
di
sopra.
Che
se
la
vedessero loro come se la devono sbrigare!”
“Perché?
Cos’è
successo”
risposi
sorpreso
e
alzandomi
dalla
scrivania
per
andargli incontro.
“Hanno
fatto
un’altra
lettera
contro
di
me!”
e
uscimmo
fuori
dall’ufficio
per
spiegarmi la cosa e farmi vedere la lettera che aveva cacciato fuori.
Un’altra
lettera
con
richiesta
che
gli
venisse
revocata
la
nomina
a
Direttore
Generale.
All’impronta,
non
ricordando
quella
dell’anno
precedente,
questa
mi
sembrò
più
grave,
anche
per
il
livore
che
intravedevo
dietro
quel
riferimento
alla
“personalità
politica
più
che
burocratica”
con
la
quale
ci
si
riferiva
al
punto
di
forza
della
lettera
che
aveva
reso
vano
il
tentativo
di
defenestrarlo l’anno precedente.
Non
reputai,
tuttavia,
quella
richiesta
inoppugnabile
che,
anzi,
si
presentava
in
tutta
la
sua
debolezza
per
la
infondatezza
delle
accuse,
prive
di
una
motivazione
di
base
e
chiaramente
aleatorie.
Un
altro
colpo
di
mano
di
Caposiena
e
la
sua
tagliola
risultava
del
tutto
evidente
dal
fatto
che,
a
stretto
giro,
fosse
già
stata
convocata
la
Giunta
che
vi
avrebbe
dovuto
dare
esecuzione.
“Passate
oggi
pomeriggio
che
ne
parliamo”
gli
dissi,
rassicurandolo
che
non
ci
sarebbero
stati
problemi
a
rispondere
a
quell’ennesimo
tentativo
di
farlo
fuori.
Andai
di
sopra,
agli
uffici
centrali,
e
cercai,
innanzi
tutto
Silvana
Belmonte
che
trovai,
com’era
solita,
a
colloquio
con
Carolina
Tricarico,
nell’Ufficio
del personale di cui Carolina era titolare.
Fui molto colpito dalla sua manifesta e decisa opposizione a Cologno.
“Ma
ti
rendi
conto
che
qui
non
si
capisce
più
nulla
da
quando
lui
è
Direttore?”
Incontamente
intesi
e
certo
fui,
avrebbe
detto
Dante,
che
quello
era
il
risultato
della
untuosa
azione
di
Caposiena
capace
di
sobillare
con
la
sua
insidiosa
e
inconsistente
loquela
quanti,
valendo
meno
di
lui,
non
erano
in
grado
di
tenergli
testa
e
che,
intanto,
la
semina
della
sua
zizzania
aveva
trovato
in
loro
un
buon
terreno
dove
proliferare.
Mi
sorprese
ancora
di
più
vedere
la
Tricarico
sulla
medesima
posizione;
proprio
loro
due
che
spendevano
l’orario
di
servizio
solo
nel
farsi
compagnia
a
vicenda
per
tutta
la giornata.
continua…
Capitolo DECIMO
L’UFFICIO CHE NON C’ERA
Parte quINTA