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LA FINE DEL CD-ROM E L'EPITAFFIO DEL SINDACO
…
continua
Due piccole note a margine di quell’evento.
Nei
giorni
successivi
incontrai
in
Piazza
uno
di
quei
ragazzi
che
collaboravano
a
Tele
San
Severo,
l’emittente
locale
che
faceva
capo
a
Benito Mundi.
“Come
mai”
gli
chiesi
“per
un
evento
così
importante,
una
manifestazione
pubblica
aperta
alla
cittadinanza,
non
c’erano
le
vostre
telecamere
a
documentarla?”
Rispuosemi:
“Avevamo
deciso
di
farlo
ma,
poi,
quando
abbiamo
capito
che
a Mundi la cosa non sarebbe piaciuta, abbiamo lasciato perdere!”
Non gli risposi.
Sempre
nei
giorni
seguenti,
incontrai
Sandro
Vaccarella
nel
corridoio
del
Comune.
“Ma, hai sentito quello che ha detto il sindaco l’altra sera?”
“Perché?” gli chiesi.
“Perché un simile elogio si fa solo al funerale di un dipendente morto!”
E
in
quel
momento,
mi
tornò
in
mente
quello
che
dicevo
al
maestro
Tota,
quando affermavo che, al completamento di quel lavoro, sarei morto.
Nei
giorni
successivi
ebbi
anche
modo
di
constatare
le
astiose
invidie
e
il
livello
intellettuale
di
quelle
persone
di
cui
avevo
“condiviso
la
cultura”;
da
quello
che
si
era
spacciato
come
responsabile
di
una
associazione
inesistente,
a
quelli
che
mi
incolpavano
di
avergli
creduto.
Fui
addirittura
convocato
dal
Direttore
Generale,
presenti
un
gruppo
di
donne
che
si
sentivano
offese
per
la
presenza,
tra
le
associazioni
citate,
di
una
“nomenclatura” che non apparteneva a chi se l’era intestata.
“Mica
potevo
chiedere
a
quello
le
referenze”
fu
la
mia
risposta
“come,
del
resto,
non
ho
fatto
con
voi”
ma
poi,
senza
dar
peso
alla
cosa,
me
ne
sbrigai
dicendo
che
avremmo
messo
il
tutto
sulla
Rete
Civica,
dove
avrei
potuto
fare ogni opportuna correzione.
Poi
ci
fu
il
marito
di
una
signora
che
aveva
lasciato
che
usassi
del
suo
materiale,
lamentando
che
c’erano
delle
inesattezze
e
chissà
quali
altre
cose,
al
quale
feci,
tuttavia,
presente
che,
dopo
la
mia
rielaborazione
del
testo
e
l’adattamento
che
ne
avevo
fatto,
avevo
riconsegnato
quel
mio
lavoro
alla
moglie
perché
lo
approvasse…
Ma
poi
c’era
anche
quell’annotazione del suocero… e così via dicendo in lamentele.
Devo
dire
che
rimasi
deluso
anche
del
maestro
Tota
perché,
anziché
venire
nel
mio
ufficio,
cosa
che
gli
era
abbastanza
frequente,
per
darmi
una
sua
valutazione
sul
lavoro
che
avevo
fatto,
si
era
limitato
solo
ad
una
telefonata
per
dirmi,
testuali
parole:
“Tu
mi
hai
fatto
un
grande
onore!”,
riferendosi
alla
particolare
citazione
che
ne
avevo
fatto
nella
bibliografia,
senza
mai
darmi,
neppure
in
seguito,
un
suo
giudizio
sull’opera
come,
invece, mi attendevo almeno da lui.
L’unico
rimprovero
di
cui
mi
dolgo
è
non
aver
riportato
con
esattezza
il
nome
dell’insegnante
Attilio
Littera,
di
cui
conservo
grande
stima
e
il
massimo
rispetto
per
la
persona.
L’errore,
si
direbbe
del
proto,
era
dovuto
al
fatto
che,
quando
avevo
avviato
quel
lavoro,
usavo
come
programma
di
scrittura
Word
Star,
sostituito
poi
dal
Word
di
Microsoft,
ambedue
impostati
sulla
correzione
automatica
delle
parole
per
cui
tutte
le
modifiche
fatte
al
nome
“Antonio”
erano
state
ignorate
e,
ancora
di
recente,
nel
ripubblicare
le pagine dove era elencato, ho dovuto procedere alla necessaria correzione.
Potrei
citare
ancora
una
volta
l’assioma
evangelico
“Siamo
servi
inutili;
abbiamo
fatto
quello
che
dovevamo
fare!”
che
ancora
mi
conferma,
mi
sostiene
e
mi
fa
sollecito
nel
continuare
in
questo
racconto,
se
non
fosse
che
posso
vantarmi
di
un’unica
persona
-
di
cui,
ahimè!,
non
conosco
il
nome,
ingegnere
o
architetto
che
sia
-
venuta
di
persona
in
ufficio
a
farmi
i
complimenti
per
come
avevo
strutturato
tutto
il
lavoro
e
a
esprimermi
il
suo
convinto apprezzamento per la mia enciclopedica opera!
Capitolo DECIMO
L’UFFICIO CHE NON C’ERA
Parte quINTA