Lufficiochenoncera GITA A PESARO Alla fine del mese di aprile fu accettato l’invito del referente del Progetto PASS, il Dott. Giorgio di Chiara e, anche in previsione di una più duratura intesa tra i due Comuni, una delegazione del Comune di San Severo, guidata dal neo Direttore Generale, si recò a far visita al Comune di Pesaro. In quella occasione chiesi a Cologno di includervi anche la dott.ssa Carolina Tricarico e quello, guardandomi con sospetto mi disse: “E perché mai?” “Perché anche lei partecipa al Progetto PASS ed è il Capo Ufficio del personale”. Lui rimase un attimo perplesso e poi in modo sbrigativo ma quasi al limite dell’amichevole, mi disse: “Ehi! Cos’è questa storia che si va dicendo in giro, tra te e la Tricarico?” Offeso da quel sospetto, mi limitai a rispondere in maniera decisa: “Sì, posso immaginarmeli i pettegolezzi da corridoio a cui un Direttore Generale non dovrebbe prestare orecchio ma sia chiaro, comunque, che la Tricarico è una Signora e che io sono un Gentiluomo!” e questo mi bastò come risposta. Nota Carolina Tricarico l’avevo conosciuta prima che risultasse vincitrice al concorso per il posto di Capo Ufficio del personale. Un giorno una ragazza si era presentata nel mio ufficio, quando era ancora ubicato nella ex Guardia Medica, per chiedermi se avessi del materiale da suggerirle per la preparazione al Concorso indetto dal Comune per quel posto. “Avrà certamente dei testi su cui studiare” le dissi di rimando. “Sì,” mi rispose “chiaramente. Ma se lei avesse da suggerirmi altro per approfondire la mia preparazione…” Fui onorato di quella risposta, anche se ero abituato a ricevere le più strane persone che, confidando su un fantomatico effetto benefico del mio Ufficio, venivano a farmi richieste del tutto inusitate, . “Ci sarebbe l’Agenda dei Comuni” le suggerii e le consegnai in prestito quel volume. Ritengo che quello fosse il Concorso durante il quale, in occasione della prova scritta, ottenni la firma di Cologno al Progetto PASS che dovevo presentare. Tempo dopo, quella stessa ragazza, coi capelli neri e lisci, tagliati corti, che le scendevano su una guancia, e di cui appena mi ricordavo, venne a restituirmi, sempre nello stesso ufficio, quel volume. “Grazie!” mi disse nel riconsegnarmi quel libro “Avevo visto giusto e lei mi ha portato fortuna!”. In seguito, dopo l’assunzione al Comune era solita, a fine giornata, fermarsi davanti al mio ufficio qualche minuto prima della fine dell’orario, intrattenendosi a parlare, per cui un giorno le chiesi la ragione di quella che era diventata un’abitudine. Lei rispose, vagamente, di quanto la deprimesse l’ambiente comunale in cui doveva svolgere il suo lavoro mentre, ai suoi occhi, io rappresentavo una maniera diversa per il modo di pormi e di lavorare, una visione inconsueta di pubblico impiegato, una apertura, una ventata di aria fresca in un ambiente stagnante… o qualcosa che assomigliava a simili espressioni. Quando, poi, avevo cambiato sede, e lei a fine lavoro si fermava per salutarmi prima di andare a casa, diceva che intuiva bene quello che si dicevano tra loro i colleghi, fermi davanti alla Ragioneria in attesa dello scoccare delle due, ma che non le importava in quanto rimaneva del tutto incurante di quelle meschinerie. Facile per me apprezzare questi suoi modi di fare e la sua apertura mentale per cui, tutte le volte che ne avevo occasione o motivo di farlo, mi era naturale inserirla o coinvolgerla nelle attività che avviavo, che fosse il Progetto PASS o il corso da svolgersi a Cerignola e quant’altro, ritenendola, più che una collega, un’amica in un contesto in cui, da «diversamente inabile», mi rappresentavo come una mosca bianca solitaria.
sanseveropuntoit, 30 maggio 2023 La musica del sito continua
Capitolo OTTAVO L’UFFICIO CHE NON C’ERA Parte terza
indietro