ANCORA LA COMMISSIONE DI DISCIPLINA Ero in congedo per maternità quando mi pervenne una ulteriore comunicazione di avvio di procedimento disciplinare a seguito degli addebiti del 10 dicembre 1984 e del 14 gennaio 1985 riguardanti, rispettivamente, la lettera inviata ai Consiglieri e la lettera di solidarietà sottoscritta dai 101 dipendenti. Non ritrovo tra le mie carte alcuna lettera di risposta a quella convocazione dovendo, quindi, pensare che la ritenessi inutile rimandando la mia difesa al momento della prima convocazione in giudizio. Il fatto, comunque, di essere in congedo non mi era affatto d’aiuto e quella estraneità dal contesto non serviva ad altro che ad aumentare il mio isolamento e la mia depressione. Solo dopo lunga elaborazione delle varie possibilità che mi si aprivano e per la stanchezza di quella lotta senza fine decisi di andare a parlare direttamente con Cologno. Non fu semplice contattarlo direttamente e solo dopo reiterati tentativi di cui Paolo Sanitate si fece intermediario si dichiarò, alla fine, disposto a ricevermi nei primi giorni di marzo alla scadenza del congedo per maternità. Fu strabiliante il suo comportamento quando aprì la porta della sua stanza mentre ero in attesa nell’antisala che fungeva da ufficio del segretario del Sindaco da me occupata in quel ruolo anni prima. Mi abbracciò sulla soglia e confortato da quel gesto gli confessai senza remore tutta la mia stanchezza per quella faccenda, che ero avvilito da quella storia che mi aveva visto sulla corda per un anno, che la mia lotta era contro il potere nella sottile speranza che fosse lui stesso a capire l’ingiustizia di cui si era fatto interprete e che bisognava ritirare quella delibera. Assecondò le mie parole affermando di condividerla appieno e che bastava parlarne, come stavamo facendo, per mettere fine a quella vicenda che ci aveva visto contrapposti solo per incomprensione ma che, per il resto, non avrebbe potuto giustificare un ritiro della delibera, almeno per quello che riguardava i suoi effetti più immediati. Non replicai nemmeno a quest’ultima affermazione non intendendo quella cosa visto che la delibera era decaduta. Volevo soltanto finirla. Due più due fa cinque! “Dovevamo parlare prima!” mi disse. Gli feci presente che volevo tornare in servizio senza utilizzare l’ulteriore mese di congedo, che avevo bisogno di tornare al lavoro. “Dove vuoi andare?” mi chiese. “Vuoi andare in Segreteria o tornare in Ragioneria o scegli tu un altro Ufficio”. Fu proprio l’ampia gamma delle scelte che mi offriva a farmi prestare fiducia alle sue parole. “Dove pensi che possa essere più utile” gli risposi. Ci lasciammo con quell’intesa e con un finale abbraccio a suggello che tutto era finito. Trovo una annotazione tra le mie carte, in data 8 marzo, giorno successivo a quell’incontro, in cui davo conto del mio stato d’animo d’allora. Nota     Mi   sono   arreso.   Mi   sento   avvilito   da   questa   resa   senza   condizioni,   senza   aver ottenuto   nulla   in   cambio.   Non   ho   ottenuto   nulla   perché   non   ho   posto   condizioni per   la   mia   resa.   E   recriminare   è   inutile.   Sono   intimamente   agitato,   senza   pace, insicuro,    deprivato    e    devitalizzato.    Non    riesco    più    a    connettere.    Mi    sono arreso!   E'   l'unica   cosa   che   riesco   a   ripetermi   perché   l'unica   cosa   chiara   è   che la   mia   resa   è   stata   insensata   e   inutile.   Un   errore   servito   solo   a   pesare   sulla   mia depressione. Fine Nota Tornai in servizio e in Ragioneria e nei primi giorni stetti in attesa che mi fosse affidato qualche compito ma dopo diversi giorni compresi che era tutta una finta. Non ebbi nessun incarico e quando, dopo avergli raccontato di quel colloquio, provavo a chiedere conto del mio ruolo al Ragioniere Capo, sollecitandolo a parlare col Sindaco, più di una volta mi aveva risposto che era in attesa di parlargli o che era in attesa di disposizioni. Non ci vollero molti giorni per comprendere che ero stato imbrogliato e ciò accresceva il mio malumore per essermi dichiarato perdente in quella lotta, per essermi arreso senza ottenere nulla. Recriminavo sulla mia resa, sul fatto di aver tradito me stesso e perché dopo quella vergognosa abdicazione ai miei principi non avevo appigli motivazioni per continuare la mia azione, costretto a rimuginare sul mio errore e sulla fiducia che avevo accordato alle parole del Sindaco. Mi ero tarpato le ali da solo e questo mi pesava più di ogni altra cosa. Nello scoramento che me ne derivava, dopo aver cercato invano di stabilire un nuovo contatto con il Sindaco in modo da ricordargli l’impegno che si era assunto nei miei confronti due settimane prima, gli inviai una ulteriore lettera, ancora remissiva.
La musica del sito sanseveropuntoit 3 giugno 2022 Prot.50 del 19/03/1985 Prot.49 del 22/02/1985
Capitolo QUARTO LA CODA DEL DRAGO
continua
LETTERA Commissione di Disciplina del 22 febbraio 1985
LETTERA al Sindaco del 19 marzo 1985