Chiaramente non raccolsi 101 firme tutte in un giorno. Passavo per gli uffici centrali e sottoponevo il foglio a ciascun dipendente senza un commento e senza far richiesta della firma. Quando, nell’arco di una diecina di giorni, arrivai a quella cifra, considerai quella raccolta conclusa. CENTOUNO firme erano sufficienti su oltre 450 dipendenti. Ma non la consegnai alla fine, quella lettera completa già delle 101 firme. La prima consegna la feci il giorno stesso con le firme fino ad allora raccolte. Poi, man mano che si aggiungevano le altre, ne inviavo al Sindaco un’altra copia sempre recante la medesima data. Le firme in effetti furono novantanove in quanto ben due pentiti mi chiesero di cancellare il loro nome già il primo giorno. Uno di questi fu Paolo Sanitate, che allora fungeva da segretario del Sindaco, il quale venne da me disperato per chiedermi di cancellarlo. “Quello mi sta creando un casino…” ed io gli risposi che non c’era problema e feci un bel frego sulla sua firma aggiungendo, di fianco, “ha chiesto di essere cancellato”. Ci fu anche un altro ma non ne ricordo il nome, per il quale feci la stessa operazione. Venne qualche altro a chiedermi la cancellazione ma dissi che non era possibile perché avevo già consegnato al Sindaco la lettera in questione. La voce si era sparsa e il Cologno stava cercando di impedire quella sottoscrizione di cui ogni giorno gli arrivava una nuova copia con le firme aggiunte di volta in volta. Me l’aveva riferito Paolo Sanitate: “È proprio incazzato! E s’incazza ogni giorno che gli arriva una nuova copia!” “Ancora questa lettera? Ma l’ha già presentata!” E Paolo a informarlo: “Questa è diversa da quella di ieri. Non è la stessa. È una nuova. Ci sono altre firme, signor sindaco…” E così per una diecina di giorni! Poi corse voce che erano in preparazione gli addebiti per ciascuno dei firmatari. “Dieci, cento, mille, piccoli Vietnam!” era il mio commento di allora. Non potevo che esserne lieto: la tracotanza porta il Potere a commettere errori! Poi, con mio disappunto, persero tanto tempo nel prendere quella decisione che ebbero il tempo di ravvedersene ritenendo, dopo aver a lungo diffuso quella voce a intimorire i dipendenti, che fosse più opportuno lasciarmi isolato. Non che potessi contare su tutti quelli che avevano firmato anche perché seppi che qualcuno giustificava quella firma con l’affermazione di non averla letta quella lettera; altri, che avevano firmato solo perché avevano visto che c’era la firma di qualcun altro; altri, e questa era per me la più incresciosa, che avevano firmato solo per la pena che Macchiarola aveva suscitato con quel muto contegno tenuto al momento in cui aveva loro sottoposto la lettura di quel foglio. Mi restava un altro asso nella manica da giocare e, ancora una volta, mi rivolsi a Michele Irmici per farmi aiutare a metterlo sul tavolo. I miei sette sonetti! Confesso che a distanza di anni non ho ricordo se fossero il frutto di un unico momento ispiratore o se furono affastellati nel tempo e mi sorge qualche dubbio persino sulla data in cui fu approntato quel ciclostile col corredo di disegni di un artista ignoto. Nulla di speciale o di cui vantarmi particolarmente, sia chiaro! Sonetti di occasione, come altri scritti nella mia veste di “dipendente”, senz’altra valenza che quella di segnare un momento della mia vita di impiegato. Non ne sono, tra l’altro, particolarmente soddisfatto a causa della metrica imperfetta di alcuni versi che, per la fretta di vederli pubblicare a caldo, non ebbi tempo, cura, di rivedere per cui resto incerto sulla opportunità di riportarli per intero ora che li ho ricavati dall’unica copia, piena tra l’altro di errori di battitura, del ciclostile che mi rimane.
La musica del sito sanseveropuntoit 3 giugno 2022 Prot.35 del 06/12/1984
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LETTERA di solidarietà del 1 dicembre 1984