orwell aveva torto?
Ricordo
una
pubblicità
apparsa
nel
corso
dell’anno
1984
sul
Corriere
della
sera
e
su
La
Republica
dove
una
imprecisabile
azienda,
forse
di
computer
o
di
qualcosa
che
aveva
attinenza
con
la
modernità
e
col
progresso,
aveva
pagato,
contando
sulla
loro
massima
diffusione,
questi
due
maggiori
quotidiani
per
pubblicare
a
caratteri
cubitali
un
annuncio
che
ancora
ricordo
per
il
fastidio
che
ne avevo ricevuto nel leggerlo:
ORWELL AVEVA TORTO!
Il
fastidio
era
dovuto
alla
circostanza
che,
essendo
un
accanito
lettore
di
fantascienza,
tra
gli
altri
racconti
e
romanzi
che
avevo
letto
fino
ad
allora,
Orwell
mi
aveva
colpito
particolarmente
con
quel
suo
romanzo,
tanto
da
averlo
letto
ben
tre
volte
e
di
aver
pianto
ogni
volta
nel
rileggere
il
punto
in
cui
Winston
è
sottoposto
alla
tortura
della
gabbia
col
topo
per
costringerlo
ad
affermare
che
due
più
due
facesse
cinque
ma
non
per
evitarsi
quel
terribile
supplizio
in
quanto
quel
tormento
si
sarebbe
reiterato
fin
quando
non
desse
segno di esserne realmente convinto.
La
mia
commozione
derivava
dal
fatto
che
allora
avevo
un
panico
terrore
dei
ragni,
che
sarebbe
più
giusto
chiamare
fobia,
per
cui,
nel
mio
immedesimarmi
con
quel
personaggio,
mi
chiedevo
se
io
avrei
saputo
resistere
qualora,
sostituendo
al
topo
uno
di
quei
grossi
e
pelosi
insetti,
fossi
stato
sottoposto
alla
medesima tortura di cui restavo terrorizzato solo al pensarla.
Avrei
certamente
detto
che
due
più
due
fa
cinque
o
qualsiasi
altra
cifra
si
volesse
pur
di
evitare
che
quel
ragno
avanzasse
verso
il
mio
volto
chiuso
da
una
gabbia,
data
la
paura
che
mi
procurava
la
sola
presenza
di
un
un
ragnetto
visto
da
lontano.
Ma,
mi
dicevo,
superato
quell’incubo,
non
mi
sarei
mai
sottomesso
né
mi
sarei
arreso
e
adeguato
al
Grande
Fratello
o,
adesso,
al
Grande
Sindaco
o
al
deliberato
di
una
congrega
di
dementi...
anche
perché
ero
consapevole di non correre quel terribile rischio!
Avevo
pensato
persino
di
scrivere
a
quei
due
giornali
per
dire
che
si
sbagliavano,
che
crediamo
di
vivere
in
una
società
in
cui
le
parole
libertà,
democrazia,
giustizia,
diritti
personali,
diritti
sindacali
e
compagnia
bella,
avevano
cittadinanza
ma,
appunto,
solo
come
parole
alle
quali
non
corrisponde
una realtà di fatto, esattamente come nel romanzo do Orwell.
Ma
a
che
valeva
rintuzzare
una
campagna
pubblicitaria
che
voleva
farmi
credere
che
quello
che
mi
era
accaduto
nel
mio
1984
fosse
solo
un
sogno
o
un
incubo
da
romanzo
e
che
Orwell
si
era
sbagliato
preconizzando
un
futuro
dal
quale
la
nostra
civiltà
occidentale
e
il
nostro
Paese,
patria
del
Diritto,
era
stato
reso
immune
in
virtù
del
progresso
democratico
e
di
una
Costituzione
che
garantisce alla persona diritti individuali inalienabili!
Quella
delibera
era
una
mazzata
tra
capo
e
collo
e
non
c’erano
partigiani,
resistenti,
ribelli,
contropartite
a
cui
rivolgersi
in
quel
sistema
obbligato
sotto
l’egida
di
fantomatiche
libertà
costituzionali.
Non
c’era
solidarietà
tra
persone,
tra
colleghi,
né
c’erano
sindacati
a
tutela
dei
diritti
calpestati
e
io
stesso
ero
stato
fatto
fuori
da
Domenico
Santoro
dopo
che,
a
una
richiesta
di
partecipazione
ad
un
convegno
sindacale
a
cui
dovevo
partecipare
insieme
a
lui
e
a
Nicolino
de
Cesare,
riuscirono
ad
ottenere
l’autorizzazione
dal
Sindaco
Cologno
solo
a
condizione
di
escludermi
dalla
richiesta
di
permesso
sindacale
già presentata.
Era
venuto
Nicolino
de
Cesare
ad
avvisarmi
che
il
Sindaco
aveva
autorizzato
solo
loro
due
e
solo
a
quella
condizione
tanto
che,
senza
aggiungere
altro,
risposi
a
quel
portavoce:
“Chi
va
con
lo
zoppo,
impara
a
zoppicare!”
riferendomi
a
Santoro
lasciandolo,
proprio
perché
gli
riconoscevo
intelligenza
e un alto livello culturale, umiliato per quella mordace osservazione.
Altro
che
Grande
Fratello!
La
situazione
era
addirittura
peggiore
e
ad
essere
umiliato ero io il solo!
Ma dovevo fare qualcosa!
E che potevo fare?
Un’altra lettera aperta?
Ripetere
quanto
avevo
già
scritto
ai
consiglieri
e
ai
sindacati
per
ottenere
in
risposta
lo
stesso
risultato,
ovvero
il
silenzio
a
conferma
dell’ignavia
dei
miei
destinatari?
Ma
è
proprio
dei
momenti
cruciali
che
vengono
idee
che
poi,
per
la
loro
semplicità, danno i risultati migliori.
Così
venne
quella
di
scrivere
una
lettera
di
solidarietà
da
far
firmare
a
tutti
i
dipendenti e con questo stampato mi misi a girare per gli uffici.
Capitolo QUARTO
orwell aveva torto?
L