L’UFFICIO TRIBUTI Il rapporto con Cervini era ormai così logorato da non reagire minimamente all’insulto del sindaco. Anzi, devo confessare che inizialmente non lo vedevo come tale. Forse mi aveva trasferito ai Tributi proprio per agevolare quella mia proposta di procedere ad informatizzare quel servizio, pensavo allora nella mia dabbenaggine. Mi consolava il fatto di aver trovato quel giovane Capo Ufficio, Livio Caiozzi, che conoscevo di vista, assunto da poco e socialista e anche mio coetaneo. Una persona finalmente con cui avere un rapporto positivo, affabile e alla mano. Una persona con cui la mattina poter commentare quel film visto la sera prima o quello spettacolo televisivo. Devo comunque, dire, che ho un ricordo molto vago di quei primi giorni, forse perché ancora rintronato da quella mazzata che m’aveva tolto il ruolo e la qualifica. Non ricordo nemmeno i nomi dei due vigili accertatori se non il vago aspetto di uno, quello più giovane e mi pare di ricordare che ci fosse ancora Michele Cocco in servizio e c’era la signora Buonanno e poi un’altra donna. Mi vissi quei primi giorni come in trance e Livio Caiozzi dopo aver ripetuto qualche battuta di Massimo Boldi, il suo comico preferito, mi dette il primo incarico: inserire i cedolini di quietanza dei versamenti… cos’erano?, oggi diremmo dell’ICI, ma allora cosa si pagava?, nella cartella personale delle iscrizioni a ruolo. Metterle in ordine alfabetico e poi inserirle. Mi disse: “Adesso è marzo e questo è un lavoro lungo; poi viene l’estate e le ferie e poi a settembre c’è il ruolo..., quindi potrà essere terminato soltanto alla fine dell’anno” Ero del tutto inebetito, fuori dal mondo e mi misi all’opera su quell’incarico, mettendo in ordine alfabetico quelle cartucce e occupando tutto un tavolo, senza fermarmi un momento, fino alle due suonate mentre Cocco mi esortava a prendermela calma e mi invitava a interrompermi in quel lavoro per partecipare alla conversazione in corso mentre io, consapevole di quel ruolo da Cenerentola, dicevo alla signora Buonanno che qualche volta mi aiutava, che volevo finire quel lavoro di corsa perché, sogghignavo: “Poi voglio vedere cos’altro mi danno da fare!” Eppure avevo creduto Cologno, dico il sindaco Michele Cologno, Lilino, come ero abituato a chiamarlo, un amico, una persona solidale; quello che quando avevo avuto problemi con Campanozzi per il mio rientro in servizio si era reso disponibile; quello con cui mi complimentavo, quando mi aveva detto che la figlia aveva avuto un figlio e, per celia, gli dissi che poteva ora inorgoglirsi d’essere diventato “nonno!”; e che, quando mi disse che era nato il secondo nipote poteva, per tanto, chiamarsi “bis-nonno”; quello a cui avevo inviato la partecipazione, nel 1982, per la nascita di mio figlio, il mio primo figlio maschio… Poi, dopo alcuni giorni, Caiozzi mi disse che era andato a parlare con Lilino, il sindaco, per chiedergli come dovesse comportarsi con me e che ruolo affidarmi e quello, Lilino, aveva risposto: che qualifica ha? “Impiegato” gli aveva risposto Livio per cui Lilino aveva replicato: “E tu usalo, allora, come impiegato!” e io non avevo neppure saputo rispondere: “Impiegato? E no caro Livio, la mia qualifica è un’altra!” Ma non ero più reattivo. Vinto, abbattuto, atterrato! Eppure ricordo, e continuavo apertamente a dirlo in ufficio, come fosse stata una fortuna aver trovato una persona come Livio e oggi non saprei dire se ci credevo davvero a quella cosa o se era solo un modo per consolarmi di tanto poco! Poi Caiozzi mi avvisò che mi aveva scelto per essere assegnato all’Ufficio metrico per la revisione periodica di pesi e misure che si sarebbe costituito in Via Soccorso. “E il lavoro che sto facendo di inserimento…” “Quello può aspettare, non è importante” Ero arrivato alla lettera “S” nel frattempo!
La musica del sito sanseveropuntoit 27 maggio 2022
Capitolo QUARTO DALLA RAGIONERIA AI TRIBUTI
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