SEGRETARIO DELL’ASSESSORE AI LL.PP. A rendere la prestazione aggiuntiva richiesta con l’acquisto, la ditta fornitrice del computer aveva individuato Pietro Zaccaro, un giovane ingegnere con il quale si stabilì una naturale ed empatica intesa e quando, successivamente, fu indetto il concorso per il posto di Capo Sezione dei Lavori Pubblici del Comune e lo avevo visto indeciso se parteciparvi o meno, feci quel che potei per invogliarlo a non desistere. Era risaputo come quel posto fosse già destinato ad un ingegnere di area socialista, la cui vittoria l’assessore Antonio Carafa, designato Presidente di Commissione, dava già per scontata come stabilito dall’accordo con gli altri partiti. Ciò aveva, a più riprese, dato adito a discussioni tanto che una volta minacciai, ma sarebbe più giusto dire ‘millantai’, che in caso di esclusione di Zaccaro, avrei denunciato con un manifesto quella farsa di concorso. Nella frequenza che avevo avuto con lui, non limitata, chiaramente, solo a fornirmi informazioni sul nuovo linguaggio che mi era stato proposto, avevo avuto modo di conoscerlo e di apprezzarlo per la sua visione della cosa pubblica e per i principi di onestà e dirittura morale che esprimeva. Mi aveva messo a conoscenza, tra l’altro, della conduzione di certi uffici comunali frequentati per la professionalità posseduta e quando mi parlò della “malleabilità” con cui un impiegato dell’Ufficio Urbanistica gestiva le pratiche dando precedenza a chi fosse disposto a sottomettersi alle sue esose richiese, gli dissi: “Ma se sei a conoscenza di queste cose, perché non lo denunci?” “E le prove?” mi rispose. “Dovrebbe partire la denuncia da quello che ha subito il ricatto e, anche in questo caso, dovrebbe fornire gli elementi che confermino l’accusa. Adeguarsi è più semplice”. La mia stima nei suoi confronti non poteva, dunque, che accrescersi facendomi prevedere che un giorno, quando una futura generazione avrebbe preso mano nella pubblica amministrazione, non ci sarebbe più stato spazio per comportamenti scorretti e concussioni. Vinse il concorso e non certo per merito mio. Il merito se lo conquistò da solo quando, durante la prova scritta, denunciò apertamente, a dispetto di Carafa e degli altri esaminatori, come il concorrente già designato vincitore stesse facendo ricorso a dei libri nascosti sotto il banco, ottenendo vieppiù la mia ammirazione e ridando speranza all’aspettativa che si poteva cambiare lo stato delle cose se a capo della pubblica amministrazione si collocassero simili persone. * Dopo quel breve corso, presentai, nel mese di aprile del 1988 una nuova relazione con la quale proponevo la gestione delle Opere Pubbliche con l’utilizzazione di una procedura informatica. Per assolvere a tale compito, oltre alla esperienza acquisita nell’Ufficio Ragioneria per la parte contabile, avevo fatto riferimento a Michele Della Vella, passato alla gestione dell’Ufficio Amministrativo dei Lavori Pubblici dopo il pensionamento di Michele Presutto, il senior, per distinguerlo dall’omonimo più giovane. Per inciso, con Michele ci eravamo iscritti al corso universitario di Teologia che lui continuò, non so con quale esito, dopo che io ne fui cacciato o, meglio, dopo che fui invitato a recederne da don Giovanni Giuliani, allora incaricato della Diocesi in attesa della nomina del nuovo vescovo. Tutto perché, quando il professore aveva affermato nella sua prima lezione al suo silente auditorio che la Teologia era una scienza, non potendo condividere il silenzio degli astanti a fronte di questa millantata affermazione, feci alcune osservazioni tanto pertinenti da mettere in difficoltà quel sacerdote non in grado di rintuzzarle. Il silente uditorio dette allora inizio ad un mormorio presto scaturito in una violenta invettiva di cui si fece portavoce una veemente ‘discepola’ che con voce urlata e considerazioni del tipo “siamo qui per ascoltare, non per giudicare”, sorda ai miei tentativi di essere conciliante, determinò la fine della lezione e, nei giorni successivi, la mia convocazione in Curia da parte di don Giovanni che, con bonomica ironia, mi invitò ad astenermi per il futuro dalla frequenza di quel corso di Teologia. Dico questo perché mi è tornato in mente nel citare Michele Della Vella il quale, nonostante la nostra palese amicizia, restava sospettoso sulla mia proposta di informatizzare il Servizio per il timore che potesse servire a sminuire d’importanza il suo ruolo e inficiasse la disperata ambizione di vedersi riconosciute le mansioni superiori inerenti allo svolgimento del compito attribuitogli. Quel corso, in virtù del titolo superiore conseguito, poteva agevolare l’attribuzione della funzione desiderata, confortato in questo dalla ambiguità dell’assessore Antonio Carafa che gliene dette l’illusione fino al raggiungimento della pensione, facendolo morire, come un personaggio di Cechov, di crepacuore. ***
Capitolo Secondo PRESSO L’ASSESSORATO AI LAVORI PUBBLICI
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