L’UFFICIO ANAGRAFE Nell’attesa, mi era gradita l’assegnazione all’Ufficio di Anagrafe e Stato Civile per il rapporto diretto che consentiva con i cittadini che si affollavano ai vari tavoli in cui era dislocato il personale addetto ai vari servizi per fare richiesta di una variazione anagrafica o che accedevano ai separati uffici, individuati nel susseguirsi di stanze tutte prospicienti il corridoio principale, per richiedere la carta d’identità o fare una promessa di matrimonio o dichiarare la nascita di un figlio per cui, nella successione di quelle stanze, per raggiungere De Lorenzo alle carte d’identità, bisognava attraversare l’Ufficio Matrimoni dopo essere passati per l’Ufficio Nascite e morti, il servizio a cui fui adibito più a lungo. Con Michele Della Vella c’era un buon rapporto cementato, tra l’altro, dalla comune passione per il cinema, e quell’Ufficio ancor più mi era gradito perché offriva l’occasione di condividere la gioia dei dichiaranti dopo averli accolti facendoli sedere nella angusta stanza in cui si procedeva contemporaneamente a trascrivere, mentre Michele dettava, su due grandi registri la dichiarazione della nascita; come pure di farsi partecipi di un lutto quando si doveva registrare una morte e accogliere la dichiarazione e lo sconforto del dichiarante di turno. Rapporti umani, comunque! Tutto finì con il pensionamento di Ermanno Gabriele e l’assegnazione di Dante Azzarone a nuovo capufficio del servizio di Anagrafe e Stato Civile. L’avvocato Dante Azzarone era anche corrispondente locale del giornale Il Tempo e aveva un piglio, un comportamento e una idea del suo ruolo e della conduzione degli uffici alquanto diversa da quella di Ermanno. Innanzi tutto, proibì l’ingresso ai cittadini che ne richiedevano i servizi. Tutti allo sportello! E senza distinguo! Ciò comportava che, nel caso che più strettamente mi riguardava, il cittadino che veniva a denunciare una nascita era costretto a sostare in piedi nel corridoio dove prospettava lo sportelletto attraverso il quale dovevamo ricevere la documentazione di rito con la difficoltà, inoltre, di dover fargli firmare la dichiarazione trascritta sui due registri attraverso quella esigua apertura; il tutto compromettendo ogni rapporto diretto ed empatico con il dichiarante di turno. Ogni protesta fu inutile, persino la segnalazione all’Ufficiale sanitario del Comune al quale, a causa della corrente d’aria che si creava tra lo sportello e il balcone che si apriva, alle spalle, sulla piazza Municipio, avevo prospettato il rischio per la salute del personale adibito a quel servizio. Nonostante la conferma del rischio da parte dell’Ufficiale sanitario, non ci fu verso di fargli cambiare la disposizione e neppure accolse la conciliante richiesta di deroga a quella ferrea disposizione per alcuni servizi. Tanto fu duro il contenzioso che, allorché l’avvocato Azzarone ci chiese di effettuare prestazioni straordinarie per far fronte a emergenze momentanee, ne ottenne il rifiuto mio personale a cui si accodò quello di altri colleghi dell’Ufficio. Ma l’avvocato Azzarone non era tipo da demordere di fronte agli ostacoli e nei giorni successivi venne il messo comunale a trasmetterci una Ordinanza del sindaco Carafa con cui ci veniva imposta la prestazione fuori orario. Quando il messo arrivò a me, chiedendomi di firmare per accettazione l’ordinanza, me ne rifiutai. “Tu non puoi rifiutarti!” mi disse quello, interdetto per quel rifiuto fuori dagli schemi a cui era abituato. “E anche se non la firmi, l’Ordinanza è sempre valida!” “Se è così, non c’è bisogno della firma!” replicai. segue…
CONTINUA continua
Capitolo Secondo DALLA RAGIONERIA ALL’ANAGRAFE
La musica del sito sanseveropuntoit 24 aprile 2022