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Non dirò nulla di più su tale questione se non che nel 1992, al ritorno dalle mie vacanze estive, trovandomi nella stanza di Vittorio, questi aprì il cassetto della scrivania per mostrarmi, tutto soddisfatto, una fotocopia ingigantita di un articolo uscito sulla stampa locale dove si dava atto della protesta di un sindacato contro “l’impiegato coi baffi” che gestiva a modo suo e in totale autarchia “l’Ufficio Ticket” senza che l’Amministrazione comunale intervenisse a tutela delle reali necessità dei cittadini. Il trasferimento, da me richiesto, della dislocazione dell’Ufficio da Via Soccorso al primo piano della sede dei Servizi sociali fu, poi, occasione di successive critiche, echeggiate dai giornali locali, in quanto si costringeva “il povero vecchietto malato di cuore” a fare le scale in caso dovesse rivolgersi a quel servizio e si invitava l’amministrazione ad intervenire perché “l’impiegato coi baffi” fosse dislocato al pianterreno dell’edificio come richiesto da quegli stessi sindacati che mai, negli anni precedenti, avevano protestato contro le lunghe file a cui, sotto il sole e le intemperie, erano costretti “i poveri vecchietti malati”. La provocazione era del tutto chiara ma anche del tutto infondata in quanto “i poveri vecchietti” ora ricevevano il tesserino di esenzione al proprio domicilio e mi sentivo abbastanza sicuro nella mia nuova postazione per essermi premurato di richiedere un sopralluogo per quei locali all’Ufficiale Sanitario che ne aveva certificato la inabitabilità e la non idoneità per quel Servizio. Prima di proseguire con il racconto del mio epilogo, mi piace raccontare un fatterello avvenuto proprio il primo giorno di insediamento in quella stanza ampia, certamente più decorosa della collocazione precedente, al primo piano della palazzina dove avevano sede i Servizi sociali. Stavo ancora terminando di sistemare la mia scrivania e allacciando i fili del computer e della stampante quando entrò nel mio nuovo ufficio Maria Triaca, l’unica delle dipendenti dei Servizi sociali rimasta assegnata al Servizio Esenzioni quando il grosso del lavoro era terminato e le assistenti sociali erano andate via, per avvisarmi che ero invitato dal Responsabile dei Servizi Sociali, Dino Totaro, a partecipare al buffet da lui predisposto per festeggiare, non ricordo se la nascita di un figlio o un compleanno o altro avvenimento che voleva solennizzare. Nel salire le scale, Maria disse: “Quello stronzo! Quando noi festeggiamo qualche cosa è subito pronto a romperci le scatole e a criticare quelle che lui chiama manifestazioni festaiole, accusandoci di interruzione del lavoro. Ora che la fa lui, tutto è permesso!” “Ah! È così? Adesso glielo dico!” “No, per carità! Ancora dici questa cosa!” mi disse con tono preoccupato e timoroso. E, invece, brindando al festeggiato, se non proprio queste parole, dissi quello che bastava, con eleganza, ad evidenziare il doppio metro, ovvero l’arrogante insolenza dell’incoerente festaiolo. “Fa piacere partecipare a queste occasioni in cui tutto il personale si raduna per complimentarsi con il collega che festeggia un avvenimento importante. Solo che non dovresti ammettere queste occasioni unicamente quando ti riguardano, caro Dino, ma consentirle e fartene caloroso partecipe anche quando sono gli altri a proporle!”

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Capitolo Primo

4. Problemi, resistenze e delinquenze

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