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Non dirò delle pressioni ricevute, di volta in volta, dal Sindaco Belmonte e da Vittorio! Un giorno avevo ricevuto una telefonata da Vittorio e, prima che io dicessi “pronto”, lo avevo sentito dire al petulante di turno, presente al momento nel suo Ufficio: “Vediamo se il gran… si commuove questa volta!” Non avevo compreso tutte le parole e non saprò mai con quale epiteto m’avesse definito al suo interlocutore per il quale non potei comunque che ribadirgli la mia risposta negativa. Un’altra volta ero stato convocato, nella sua stanza di Sindaco, da Giuseppantonio Belmonte che perorava la richiesta di un suo conoscente non più esente per poche migliaia di lire. Gli dissi: “Signor Sindaco, ho tolto l’esenzione a mia suocera per una differenza inferiore, ma se tu mi autorizzi a ritenere che fino ad una certa cifra, che so, dimmi tu, da mille a cinquemila lire?, è possibile considerare un reddito superiore come rientrante nel limite stabilito dalla legge, faresti la felicità, oltre che di mia suocera, di molti dipendenti che perdono gli assegni familiari per solo mille lire”. Un’unica volta ho accondisceso ad una richiesta di Belmonte quando mi aveva rappresentato il caso di una persona ultra novantenne, se ricordo, che lui era andato a visitare in ospedale. “Un vecchio garibaldino”, lo aveva definito, che dal suo letto si lamentava come potesse essere stato tolto “a lui!” quel tesserino, invitandomi a fare uno sforzo per dare a questo personaggio unico e particolare la gioia di sapere che si era meritato l’attenzione e il favore del primo cittadino. In quel momento compresi che per molti, anche se non ne avevano bisogno, ottenere quel tesserino, adesso tanto difficile da conseguire, era un segno di distinzione, di prestigio, un riconoscimento di cui pregiarsi come un’attestazione di merito, una attenzione politica di cui potersi vantare. Raccontai la cosa, in Ufficio, a Maria Teresa Calabrese e a Maria Triaca, solidali col mio impegno e salde colonne di quell’Ufficio. Teresa non si dichiarò d’accordo e definì il mio come un cedimento inaccettabile. “Ma tanto, non gli serve. È in ospedale! E poi, per quanto si possa essere inflessibili, una eccezione tanto particolare conferma una regola imprescindibile”. Lei non rimase soddisfatta della mia risposta, ribadendo, comunque, che il mio era uno sbaglio per lei inaccettabile e, visto che non c’era verso di convincerla, rinunciai a farlo senza aggiungere nulla sulle gravose pressioni che mi erano state fatte e che quell’unico caso non era dovuto al cedimento ad una imposizione ma, piuttosto, a un caso di coscienza, a una indulgente sensibilità nei confronti di un caso isolato e assolutamente singolo. ***
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sanseveropuntoit 29 marzo 2022
Capitolo Primo

3. La revisione dell’Ufficio Esenzione dalla spesa sanitaria

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