…segue Scelsi, per scaramanzia, quest’ultimo ma chiesi che la nuova destinazione fosse disposta per iscritto e non a voce, come allora si usava e come tutti i dipendenti subivano senza opporsi specie quando l’ordine era impartito direttamente, dopo la convocazione urgente nel suo ufficio, da quel mammasantissima, storico depositario di quell’alto ruolo reso inossidabile dall’immemore tempo trascorso in quella carica e dall’incessante avvicendarsi alla carica di Segretario Generale di funzionari forse indolenti e certamente inefficaci per la breve durata del ruolo rivestito e di cui, in vacanza, era lui ad assumere il ruolo. Tengo a precisare che il termine “mammasantissima” non l’ho usato e non va inteso in senso offensivo ma solo per esprimere al meglio la valenza assoluta che il Vice Segretario esercitava non solo nell’organizzazione della macchina amministrativa ma anche, seppure diplomaticamente mediata, nei confronti dei singoli “politici” e della Giunta Comunale, tanto da meritarsi il soprannome di ‘Mundicipio’ da parte dell’avvocato Azzarone. A proposito di questo “titolo” mi sembra il caso di aggiungere, ma solo per inciso, e solo per il gusto della chiosa, che vi fu un’occasione in cui la cognata di Vittorio, la dottoressa Baldoni, mi apostrofò in modo irritato attribuendo a me quella invenzione, al che le risposi: “No, signora. Mi sarebbe piaciuto esserne io l’autore, se ci avessi pensato per prima, ma l’onore di quel neologismo, spetta, purtroppo per me, a Dante Azzarone!” D’altronde con Vittorio ho avuto, fino alla fine, rapporti personali iniziati già dai primi giorni dall’assunzione, avvenuta il 22 di febbraio del 1973, quando, in occasione della cena da lui organizzata per salutare i neo assunti degli Uffici Centrali, mi aveva invitato a dargli del tu e a chiamarlo per nome e da allora per me lui fu sempre Vittorio. Certamente dato il suo carattere volto al dispotico, unito alla sua pretesa di essere ubbidito senza indecisione a fronte della mia natura riottosa ad ogni ingerenza e sopraffazione, i nostri rapporti non furono sempre felici, come avrò modo di esemplificare di seguito, tanto che una volta, del tutto spazientito, mi urlò che non dovevo più permettermi di chiamarlo per nome; che mi toglieva il suo beneficio e che da quel giorno dovevo rivolgermi a lui come si conveniva, con un “lei” distante e rispettoso. Gli avevo risposto: “E no, caro Vittorio! Un giorno sei stato tu a dirmi di chiamarti Vittorio e di darti del tu e tu sai che “parola di re” non si smentisce!” per cui, non potendo sconfessare l’equivalenza col ruolo che implicitamente gli riconoscevo, lui non ebbe da replicare e quello scatto d’ira non fece storia.

segue…

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sanseveropuntoit 29 marzo 2022
Capitolo Primo

2. Il trasferimento all’Ufficio «Ticket»

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