Così,
infatti,
si
è
comportato
il
G.I.P.
Enrico
di
Dedda
,
del
Tribunale
di
Foggia
quando
su
richiesta
del
Pubblico
Ministero
ha
stabilito
l’archiviazione
per
i
reati
commessi
da
Ciro
Sacco
e
Elena
Colio
in
correlazione
al
sequestro
di
persona
di
cui
sono
stati
attivamente
partecipi
il
6
giugno
del
2001
per
cui,
in
data
20
luglio
2005,
ha
concesso
loro
l’impunità
con
l’archiviazione
del
procedimento
in
corso
in
quanto
il
Sacco
Ciro
“
Ricevuto
il
provvedimento
sindacale
di
TSO
non
poteva
che
eseguirlo
–
non
avendo
modo
di
constatare
assenza
di
malattia
nel
Macchiarola
né
potendo
nella
sua
veste
istituzionale
sindacare
la
valutazione
effettuata dai medici dell’ASL
”.
Per
sostenere
tale
soluzione
lo
stesso
Di
Dedda
continuava:
“
Pertanto
la
sua
condotta
ricade
nell’art.
51
Cod.Pen.
non
potendo
un
pubblico
ufficiale
rifiutare
di
eseguire
un
ordine
della
Pubblica
autorità
che
non
sia
manifestamente
illegittimo
e
tale
non
era
il
provvedimento
formalmente
emesso
dal
Sindaco
nella
circostanza
in
specie
”.
La deposizione del Sacco
Forse
il
Gip
avrebbe
dovuto
esaminare
con
più
attenzione
la
richiesta
di
archiviazione
presentatagli
dal
Pubblico
Ministero
e
svolgere
il
proprio
ruolo
con
lo
spirito
di
terzietà
proprio
di
ogni
giudice
ponendo
a
confronto
la
deposizione
resa
dal
Sacco
in
data
21.10.2003
con
la
denuncia
presentata
dalla
vittima
di
quel
fatto
nella
parte
in
cui
si
evidenziava
il
reato,
come
rubricato
dalla
stessa
Procura,
di
sequestro
di
persona
da
lui
portato
a
termine
su
“indicazione”
non
di
“un
ordine
della
pubblica
autorità”
ma
di
un
funzionario,
il
Segretario
Generale
del
Comune,
Giorgio
Balice,
iscritto
nel
registro
degli
indagati proprio per lo stesso reato.
In
tale
interrogatorio
quale
persona
indagata,
il
Sacco
afferma
infatti
che
il
giorno
prima
del
“misfatto”
era
stato
convocato
dal
Segretario
Generale
del
Comune,
Giorgio
Balice,
il
quale
gli
rendeva
“
noto
che,
molto
probabilmente,
ci
sarebbe
stato
da
eseguire
un
trattamento
sanitario
obbligatorio
a
carico
del
signor
Macchiarola
Giovannantonio…
in
quanto
il
predetto
dava segni di squilibrio psichico
”.
Devo
ritenere
che
il
GIP
avesse
tutta
l’esperienza
e
l’intelligenza
per
appurare
la
fondatezza
delle
accuse
se
avesse
tenuto
a
mente
la
denuncia,
suffragata
da
altre
testimonianze,
con
la
quale
inchiodavo
il
Sacco
alle
sue
responsabilità
personali
configurabili
come
tanto
più
gravi
per
essere
un
pubblico
ufficiale
e,
particolarmente,
per
il
ruolo
rivestito.
Quando un ordine è non manifestamente illegittimo
Nulla
da
dire,
infatti,
sulla
circostanza
che
era
stato
il
Sacco
a
farsi
organizzatore
della
mia
“cattura”
facendo
richiesta
a
più
colleghe
di
prestarsi
alla
bisogna
di
attirarmi
nella
trappola,
fino
a
trovare
in
Elena
Colio
quella
disponibile;
che
era
stato
il
Sacco
ad
aver
impedito
al
momento
dell’imboscata
di
far
entrare,
come
da
me
espressamente
richiesto
e
invocato,
la
collega
che
mi
accompagnava
dopo
avermi
sbarrato
la
porta
alle
spalle
e
dove
un
infermiere
era
già
pronto
con
la
siringa
gocciolante
per
sedarmi;
che
era
il
Sacco
quello
che
mi
negò
la
possibilità
di
chiamare
un
avvocato;
che
era
sempre
il
Sacco
quello
che
mi
impedì,
dopo
averlo
implorato
di
concedermela,
di
fare
una
telefonata
per
poi
togliermi
il
telefono
di
mano;
che
per
porre
fine
alle
mie
obiezioni,
fu
il
Sacco
a
ordinare
ai
due
vigili
di
strattonarmi
e
di
portarmi
a
peso
morto
lungo
le
scale;
che
lui,
il
Sacco
è
stato
sempre
presente
al
fattaccio
e
che
era
rimasto
in
agguato
tutta
quella
mattinata
del
6
giugno
mentre
io,
sospettato
di
essere
affetto
da
una
“Sindrome
delirante”,
ero
normalmente
in
servizio
e
a
contatto
con
i
cittadini
che
frequentavano
l’Ufficio
Relazioni
con
il
pubblico
di
cui
ero
il
Responsabile;
che
era
lui,
il
Sacco
,
quello
che
non
tenne
conto,
quando
mi
accorsi
di
essere
in
trappola,
della
mia
richiesta
di
essere
sottoposto
a
trattamento
volontario,
negandomela,
e
che
era
sempre
lui,
il
Sacco,
quello
che
il
giorno
prima
aveva
ricevuto
il
preavviso
e
la
disposizione
di
eseguire,
“probabilmente”
il
giorno
seguente,
un
T.S.O.
a
mio
danno
fornendo
lui
stesso
la
prova
della
premeditazione
della
congiura
con
quell’avvertimento
ricevuto,
prima
ancora
di
una
certificazione
medica
probante
e
di
una
Ordinanza
al
momento
non
esistente,
da
parte
del
Segretario
Generale, certamente non in veste di “Pubblica Autorità”.
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