sanseveropuntoit, 21 febbraio 2025
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IL CD-ROM
“SAN SEVERO 2000”
Il XII secolo Il 23 aprile 1116, l’abate Adenolfo promulga dal Castello di San Severino un celebre editto, contenente gli statuti che avrebbero regolamentato per quasi due secoli la vita civile degli abitanti di San Severino (castello e casale). Approfondimento Questo documento, ricordato nei libri di storia con il titolo di ‘Charta libertatis’ e definito da Leccisotti ... uno dei più insigni esempi di statuti rurali”, deve la sua notorietà tra i diplomatisti e giuristi in quanto rappresenta uno dei più antichi esperiti per superare il barbaro ordinamento giuridico longobardo e conformarsi al Diritto romano, di gran lunga più garantista ed umano. Grazie agli anzidetti statuti, diritti e doveri dei cittadini, dei governanti e degli amministratori della giustizia cambiano radicalmente: esattamente quantificati gli oneri fiscali; favorito il libero commercio; aboliti la carcerazione preventiva, l’obbligo di andare in guerra e il divieto di espatriare; garantita la giustizia; bandita la faida e l’ordalia. Grande fu il prestigio raggiunto dal monastero di San Pietro, come grandi furono ricchezze e privilegi che il medesimo ebbe modo di godere. Approfondimento Nel 1168, papa Alessandro   III gli concede il diritto di scegliersi il vescovo cui affidare i compiti di spettanza episcopale e quello della libera elezione dei propri abati e, nel 1188, papa Clemente   III ne accentua l’indipendenza con un nuovo privilegio, grazie al quale nessun vescovo avrebbe potuto penalizzarlo con i fulmini delle scomuniche o con gl'interdetti se non per gravi e dimostrabili colpe e soltanto dopo inascoltata ammonizione. Tali privilegi, non solo svincolarono il nostro cenobio dall’autorità episcopale, nel nostro caso rappresenta per competenza territoriale dal vescovo di Civitate, ma finirono anche per alimentare la superbia degli abati di Terra Maggiore, che in San Severo pretendevano di arrogarsi prerogative di stretta spettanza vescovile. A condannare questi abusi era stato per primo papa Lucio   III , tra il 1181 ed il 1185, poi Celestino   III , con una sua bolla datata 23 luglio 1191. Il XIII secolo Nei primi due anni del XIII secolo, a motivo del possesso della piccola chiesa estrameniale di Santa Lucia, alla quale, però, apparteneva un ‘magnum tenimentum’, insorse una grave controversia tra le chiese parrocchiali di Santa Maria in Strada e San Nicola. La lite venne risolta a favore di Santa Maria in Strada, nel 1202, da papa Innocenzo   III , che giudicò tramite suoi delegati: Giovanni, vescovo di Larino, e Roberto, abate di Terra Maggiore. Nel 1229, al giungere della falsa notizia della morte dell’imperatore Federico   II , capziosamente diffusa dai Francescani, nell'intera Capitanata si verificarono sanguinosi tumulti. In San Severo, quei torbidi portarono all’uccisione del baiulo Paolo di Logotheta e al furto del bestiame di proprietà dell'imperatore che, al suo ritorno nel maggio del 1230, punì con estrema severità San Severo con l’abbattimento delle mura e la colmatura del fossato. Con l’avvento degli Svevi ne inizia la decadenza per giungere infine alla sua rovina quando, nel 1233, Federico II costringe il monastero a cedergli i feudi di San Severo, Sant’Andrea in Stagnis e Santa Giusta in cambio di 500 once d’oro e di un piccolo borgo del Molise, denominato Riccia. Da questa angheria, un'autentica rapina, il monastero non si riprese mai più, nemmeno dopo che gli Angioini lo reintegrarono nel dominio sui territori sottratti dallo Svevo, data la voracità del nuovo sistema fiscale. Approfondimento Gli Angioini, pretesero, tra l’altro, le 500 once d’oro versate da Federico II e il casale di Riccia. Da qui la necessità d’indebitarsi, ricorrendo a prestiti presso alcuni esosi banchieri di Roma, tra cui, forse, dovevano esserci anche i Templari . La situazione, non soltanto finanziaria, in cui versava il cenobio continuò a peggiorare senza sosta, come veniamo a sapere da un documento dell’ultimo decennio del XIII secolo, nel quale il monastero viene descritto “in temporalibus et spiritualibus coliapso totaliter”. Il 9 luglio 1295, papa Bonifacio   VIII decreta il passaggio della badia dai Benedettini ai Templari , i quali, tramite il loro gran maestro Giacomo de Molay, ottengono dalla Casa angioina il consenso alla loro presa di possesso del monastero di San Severo, di Sant’Andrea in Stagnis e del casale, posto ‘ante monasterium’, intitolato a San Sabino. Il XIV secolo I Templari non godettero a lungo dei possedimenti della badia dei Benedettini, data la loro ingloriosa e probabilmente ingiusta fine i cui prodromi si ebbero all’alba del venerdì 13 ottobre 1307. Il feudo di Terra Maggiore, passò di padrone in padrone fino ai de Sangro, già dal 1382 duchi di Torremaggiore. La badia di San Pietro venne concessa nel tempo a vari commendatari, fino a quando la sua rendita fu devoluta a favore della istituenda diocesi di San Severo.
LA DIOCESI
LE ORIGINI DELLA DIOCESI DI SAN SEVERO