sanseveropuntoit, 21 febbraio 2025
IL CD-ROM
“SAN SEVERO 2000”
Il
vicario
Serragli
non
abbandonò
l’idea
che
avea
formato
di
fabbricare
per
comodo
delle
religiose
una
chiesa
più
decente,
ed
in
tal
oggetto
mise
tutta
la
sua
cooperazione
perché
questo
desiderio
fosse
adempito,
e
per
realizzarlo
contribuì
non
poco
col
suo
denaro,
onde
sopperire
alla
spesa
che
all’uopo
era
necessaria.
E
siccome
il
suo
governo
fu
di
molti
anni,
così
ebbe
agio
di
poter
vedere
terminata la detta chiesa, la quale era costruita in questo modo.
Il
prospetto
e
la
porta
erano
verso
ponente,
la
quale
porta
susseguiva
allo
scaricatoio,
ossia
portiera.
Avea
la
lunghezza
di
palmi
napoletani
cinquantasette
e
mezzo,
e
la
larghezza
di
palmi
quarantaquattro
e
mezzo
alta
proporzionalmente.
Era
ornata
parimenti
di
soffitta
dipinta.
Nella
parte
superiore,
ed
inferiore
di
essa
Chiesa,
così
nelle
due
mura
laterali
che
corrispondevano
al
coro,
vi
erano
anche
delle
pitture.
Il
coro
era
situato
sopra
la
porta
della
Chiesa,
con
la
lamia
di
perfetta
volta.
Dal
piano
di
essa
lamia
tre
palmi
in
sopra,
vi
erano
grate
di
legno,
che
tiravano
fino
alla
soffitta,
e
queste
per
comodo
delle
religiose,
per
udire
la
S.
Messa,
e
per
altre
loro
particolari
orazioni.
In
detta
chiesa
vi
erano
due
cappelle,
ciascuna
della
lunghezza
di
palmi
quindici
ed
un
quarto,
con
l’altezza
proporzionata,
e
tre
altari.
Il
primo
era
situato
dirimpetto
alla
porta
ed
era
l’altare
maggiore,
in
esso
vi
era
un
quadro
grande
in
cui
vi
era
dipinto
San
Lorenzo
Martire,
titolare
del
Monastero
dalla
parte
destra,
dalla
sinistra
il
patriarca
S.
Benedetto,
e
nella
sommità
M.
SS.
sotto
l'invocazione
della
Concezione,
il
quale
altare
fu
consacrato
da
monsignor
Giocoli
l’anno
1710
sotto
l’enunciata
invocazione,
stante
che
prima
era
solo
benedetto.
Il
secondo
altare
era
situato
in
una
delle
menzionate
Cappelle
dalla
parte
destra;
in
esso
vi
era
scolpito
Gesù
Crocifisso
di
una
mezzana
scultura.
Il
terzo
altare
nell'altra
Cappella,
dove
vi
era
il
S.
Tabernacolo
di
pietra
bianca
nostrale
con
portellina
di
argento.
In
esso
Tabernacolo
vi
erano
sempre
due
pisside colle particole consacrate pel necessario cibo spirituale delle religiose.
Sopra
l'altare
vi
era
un
grande
quadro
rappresentante
la
Cena
del
Nostro
Redentore.
Tanto
questa
pittura
quanto
dell'altare
maggiore
erano
lavoro
di
mediocre
pennello.
Due
erano
le
sacrestie
della
lunghezza
ciascuna
di
palmi
dodici,
e
della
larghezza
di
palmi
quattro,
improporzionatissime,
e
di
nessun
comodo,
cosicchè
neppure
poteva
situarsi
in
esso
un
decente
armadietto
in
cui
avessero
potuto
riporsi
le
sacre
suppellettili,
dovendo
le
medesime
in
ogni
mattina
mandarsi
in
un
canestro
dalla
parte
interiore
del
Monastero,
e
precisamente dall'unica ruota che allora vi era.
Il
coro
interiore
era
corrispondente
sopra
la
porta
della
chiesa
sopra
una
lamia
di
perfetta
volta
ed
angustissimo,
perché
la
sua
ampiezza
di
altro
non
era
che
di
palmi
dodici.
Avea
due
finestre
pel
necessario
lume
nello
enunciato
prospetto,
ed
un
balcone
verso
tramontana.
NeI
mezzo
vi
era
un
Organo
di
mediocre
grandezza,
situato
in
modo
che
le
religiose
potevano
ne’
giorni
solenni
cantare
le
laudi,
e
le
messe,
senza
essere
vedute
dai
secolari.
Le
stesse
religiose
erano
le
organiste.
Il
campanile
era
vicino
al
coro,
ed
era
formato
di
due
piccole
colonne
per
adattare
due
meschine
campane,
le
quali
venivano
suonate
dalle
converse.
Avevo
omesso
dire,
che
dalla
parte
destra
dell'altare
maggiore
vi
era
un
solo
confessionale,
e
dalla
parte
sinistra
di
detto
altare,
il
comunichino
onde
somministrare
alle
religiose
la
SS.
Eucaristia,
custodita
dalla
parte
anteriore
con
portellina
a
chiave
che
si
conserva
dal
confessore.
L’unico
confessionale
serviva solo per uso delle claustrali.
Il
Monastero
poi
dalla
sua
fondazione
sino
all’orribile
catastrofe
del
tremuoto
avvenuto
nel
1627
addì
30
luglio,
subì
varie
vicende
per
causa
di
lite
mossegli
dai
cittadini
che
vantavano
dritti
sul
Monastero,
e
per
legati
che
ereditavano
da
coloro i cui parenti ed affini, restavano al Monastero.
Intanto
non
voglio
trasandare
dire
che
il
tremuoto
del
1627
oltre
di
aver
scossa
e
rovinata
la
Città,
rovinò
anche
il
Monastero,
la
riserva
della
Chiesa
che
allora
dicevasi
la
nuova,
come
ho
descritto
di
sopra.
E
sebbene
non
perissero
le
monache,
una
sola
eccettuata,
che
restò
sepolta
sotto
le
pietre,
pure
le
medesime
penosamente
furono
astrette
uscirne,
ripartendosi
coi
loro
congiunti
per
aver
perduto
il
necessario
albergo,
ed
indi
a
poco
tempo
furono
trasferite
nei
Monasteri
di
S.
Chiara
e
di
S.
Sebastiano
in
Napoli
e
ne'
Monasteri
di
Foggia
e
di Lucera.
In
tale
rovina
accaduta,
probabilmente
siansi
rimaste
sotto
le
pietre
lacere,
e
corrose,
le
scritture
autentiche
che
contenevano
l’erezione
del
monastero,
non
potendosi
badare
pel
ricupero,
né
dalle
monache,
né
dal
Vescovo,
che
nomavansi
Venturi,
il
quale
miracolosamente
fu
sottratto
dal
flagello,
e
che
ragionevolmente pensò salvare se stesso e ricapitare le sacre vergini.
Dopo
però
essersi
per
buon
tratto
di
tempo
rassicurate
dal
timore
di
qualche
altro
tremuoto,
le
poche
monache
rimaste
in
San
Severo,
in
casa
de’
loro
congiunti,
si
cooperarono
a
riedificare
il
diruto
monastero,
e
tanto
fecero
che
giunsero
a
fabbricarlo
più
ampio,
e
meglio
costruito.
E’
vero
che
non
tutto
fecero
in
un
sol
tempo,
ma
in
dettaglio
tanto
che
poterono
fare
le
fabbriche
in
modo
che
il
monastero
fosse
perfettamente
isolato,
ed
all’oggetto
fecero
acquisto
di
talune
case
della
parrocchia
di
San
Severino,
di
altre
appartenenti
a’
Padri
Conventuali
di
S.
Francesco,
ed
altre
di
un
tale
di
cognome
Anchise.
La
fabbrica fu fatta in questo modo.
Un
solo
chiostro
angusto,
che
non
avrebbe
meritato
il
nome
di
cortile,
ma
necessario
per
dare
lume
a’
sottani,
e
soprani
che
li
erano
intorno.
Conteneva
quattro
dormitori.
Il
primo
de’
quali
sporgeva
da
una
parte
verso
mezzogiorno,
tirando
fino
sopra
il
parlatorio,
che
era
situato
in
uno
degli
angoli
verso
ponente,
e
dall'altra
sporgeva
nel
corridoio
con
i
suoi
necessari
lumi
nel
chiostro
verso
tramontana,
e
questo
era
diviso
in
quattro
stanze
ben
grandi,
comode
per
l’abitazione
di
nove
religiose,
e
queste
non
solo
per
albergo,
ma
anche
quanto
bisognava
a
ciascuno
di
esse.
Ad
un
lato
poi
del
detto
corridoio
vi
era
una
stanza
adiacente
alla
chiesa
ed
era
comoda
per
abitazione
di
due
converse.
Il
secondo
dormitorio
consisteva
in
un
camerone,
ed
aveva
i
suoi
lumi
dentro
il
chiostro
verso
ponente
ed
era
ampio
per
l’abitazione
di
otto
religiose,
ma
un
poco
incomodo.
Il
terzo
sporgeva
da
una
parte
verso
il
chiostro
a
mezzogiorno,
e
dall'altra
verso
tramontana,
e
consisteva
in
una
stanza
capace
per
quattro
religiose,
e
ciascuna
di
esse
poteva
dimorarci
comodamente.
Il
quarto
corridoio
era
verso
levante,
ed
era
formato
di
dodici
stanzette
angustissime
e
di
poco
o
niun
comodo,
ed
era
adiacente
alla
stanza
descritta,
aveva
il
suo
corridoio
del
mezzo,
stretto
in
modo
che
appena
potevano
andarci
due religiose unite.
IL MONASTERO DI SAN LORENZO
Manoscritto della suora benedettina
Donna Filomena de Ambrosio