Ne rimasi, comunque, paralizzato, mio solidale e ultimo amichevole lettore, restando solo appeso, come a un amo subdolo e allettante, all’idea di «sospendere» la mia vicenda nel tempo raffigurandola in una commedia, in un testo da recitarsi, da rappresentarsi ad un pubblico, non per trarne divertimento (… siamo andati a passare due ore al teatro …!) ma come la denuncia documentata da valere come prova formale, come atto di accusa contro lo Stato Italiano. Un atto giudiziario trova, alla fine, deposito in un cassetto da qualche parte e muore. Ma un testo, una commedia… veleggia oltre il limite del tempo restando presente nel grande dizionario dell’universo, diventa documento, storico e letterario che sia ma, comunque, testimonianza di un fatto accaduto ( …tanto tempo fa… in una lontana Galassia… ) utile a rappresentare e a rendere pubblica denuncia dell’asservimento mentale di una generazione, di un’epoca dove si è assistito al calpestamento di diritti fondamentali, tutelati dalla Costituzione e disattesi da una pubblica amministrazione con l’avvallo di una Magistratura compromessa e servile… nel totale silenzio e nell’indifferenza generale. La storia di un eroe, un resistente, uno che non si adegua e che non si fa piegare, un personaggio da film americano, solo e inerme mentre TUTTI gli restano contrari: le forze di polizia, i Carabinieri, la Finanza, la Procura della Repubblica, i colleghi supini e ignavi, il sindacato, la società incivile di quel contado, di quella Repubblica delle Bananas, di quel paesino da Far West dove la giustizia latita sotto il giogo di una banda di politici criminali e lestofanti. Impossibile a raccontarsi! Non si possono raccontare sedici anni in un’ora di teatro pensando di poter in così poco tempo comunicare una sofferenza prolungata di sedici anni, concatenare senza annoiare gli eventi… Se solo penso di farlo, già mi sommerge il flusso delle mie ragioni, la complessità dei fatti, il prolungarsi cronico dell’ingiustizia, il peso delle vessazioni alle quali mi ero contrapposto senza mai passivamente subirle… No! Non si può raccontarla questa storia se non attraverso i documenti che ne danno testimonianza, con vergogna di chi li ha compiuti; dei singoli fatti! Occorre documentarla! Raccontata senza questi, non potrà mai sembrare credibile questa storia, proprio come avvenne allo psichiatra all’atto del mio ricovero coatto: « Solo una persona fuori di testa può pensare che io, psichiatra, creda che una Amministrazione pubblica possa fare una cosa simile ad un proprio dipendente! » E nemmeno il testo di una commedia in più atti potrebbe mai dar conto dei singoli episodi, dell’abbattimento morale, del pianto in cui tante volte si è sfogata la mia rabbia, della solitudine, della indifferenza degli altri; di tutti! Carne viva che si sopravvive al dolore, all’amarezza dell’abbandono e all’indifferenza totale! Ce ne vorrebbero di ore per scriverlo questo martirio! E ore per ascoltarlo, per chi ne avesse mai voglia! Avevo invece bisogno di escogitare una reazione immediata e non rinviabile ai tempi per la scrittura di un testo teatrale di cui avrei dovuto trovare chi e se e quando lo rappresentasse… No! Se volevo lasciare una traccia, avevo il mio sito! Eppure, sopraffatto dalla mia stessa atarassia, non riuscivo proprio a metterci mano, prima per la indisponibilità del collegamento a internet e, ora che ne disponevo, per aver dato tanto spazio alla possibilità di ricorrere ancora per via legale ed esserne stato tanto assorbito da rimanerne esausto e, scoraggiato dal risultato. Avvilito e incapace di ogni ulteriore iniziativa. Mi arrovellavo in quella chiusura che non riuscivo ad accettare. Ma come? Persino un assassino, un colpevole reo confesso ha la possibilità di adire il terzo grado di giudizio, fosse anche solo per ritardare la pena; anche se fosse convinto della inutilità e non potesse che attendersi la conferma della condanna. Quando era stato giurato in Corte d’Assise aveva visto persone responsabili di omicidio andarsene via, a fine processo, dopo la condanna sancita dalla Corte; a piede libero, perché erano decorsi i termini di carcerazione preventiva e, avendo ancora la possibilità di ricorrere per Cassazione, scendere le scale del tribunale davanti a lui! A lui, invece, era impedito per la impuntatura di due avvocati; la prima perché accettava le cause solo se ne era convinta… Ebbene! Era convinto lui! E tu, avvocato, fa’ quello che chiede il cliente! Ma come? I colpevoli hanno diritti che sono disconosciuti alle vittime? E se non sei colpevole non si ha diritto ad essere assistito? E l’avvocato di Foggia!? Ma certo! Non voleva impicciarsi, forse non aveva mai fatto ricorsi per cassazione e non voleva complicarsi la vita. Già il fatto che avesse parlato di Roma come sede per presentare il ricorso lo faceva ignorante della procedura. E poi, quel voltafaccia improvviso! La sentenza di Appello apriva spiragli che, lui, leggendola, carpiva nelle stesse affermazioni del giudice quando rivendicava la sua sentenza come innovativa rispetto a quella di primo grado e quando riconosceva espressamente che il TSO era stato motivato dalla intenzione di lederlo come dipendente e come persona e col solo fine di farlo fuori dall’Ufficio, come poi è avvenuto, c’era scritto! O c’era altro? Qualcosa che gli sfuggiva? Certamente la moglie di Giovanni era di San Severo e non voleva crearsi inimicizie politiche! Ma, allora dillo subito! Non far trascorrere due mesi per dire che non sei disponibile! Non stare a cincischiare! E, poi, quella chiusura! Cristallizzata! Le piaceva tanto quel termine che l’aveva ripetuto ad ogni telefonata! E neppure una parola, un argomento, una ragione sufficiente a dare corpo e giustificazione a quella affermazione apodittica. Oppure la mafia! Ecco! Il Sistema era tanto potente, tanto pressante da intimorirli, e magari un avvocato capiva meglio di lui quando conveniva lasciar perdere oppure quanto può essere rischioso assumere la difesa di un perdente, di uno preso di mira dalla politica… e dalla giustizia. Niente! Lui doveva accettare che un giudice affermasse che era affetto da problemi di salute mentale in quanto così aveva detto la parte resistente contro cui lui agiva! E gli si voleva far credere che una simile sentenza non fosse oppugnabile per contraddittorietà e illogicità? Lui doveva accettare di essere definito alcolizzato perché lo aveva detto il Comune per giustificare un’azione indegna di una amministrazione civile…? E dove sono le prove? Quali i fatti a sostegno di tali affermazioni? Ma seppure fosse stato pazzo, se pure fosse stato necessario sottoporlo a Tso, questo era stato eseguito con modalità contrarie a quelle prescritte dalla legge e dov’era la Costituzione che avrebbe dovuto tutelarlo? E dove sono i diritti inviolabili della persona? Anche se fosse stato pazzo, questi andavano puniti! Un medico che senza aver visto il paziente compila un certificato con una diagnosi che dice di non conoscere in quanto suggeritagli, su richiesta di funzionari del Comune, dal medico che avrebbe dovuto controllarlo! E chi era il delirante?! Ah! Giustizia di Dio! Quando arrivi?
Smarrimento e disagio
sanseveropuntoit, 7 Aprile 2018
Capitolo settimo
Giovannantonio@aruba.it
Giovannantonio Macchiarola
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