Capisco, miei cari sei lettori, che entrare in questo gioco vi sembri difficile, ingarbugliato, complesso. Per questo mi esimo dal darvi conto adesso della mia risposta a quella ipocrisia, il mestiere più consono ai mestatori che si nascondono dietro «perentorie» affermazioni: «in caso di denegato accoglimento della presente, lo scrivente sarà costretto ad adottare tutte quelle misure volte a tutelare il proprio decoro e quello della Pubblica Amministrazione», ecco cosa ha scritto l’imbecille causidico, scrivano del mammasantissima silenzioso! In caso di «denegato» accoglimento! Di cosa? Vediamo cosa testualmente dice: «… si richiede ai competenti organi di far pervenire una relazione circostanziata scritta afferente la problematica del dipendente Macchiarola Giovannantonio». E chi erano questi organi? Il «Preg.mo SINDACO Giuliano Giuliani», l’irriconoscente e prono traditore, il «Preg.mo DIRETTORE GENERALE Dott. Luigi Cologno», ineffabile e codardo testimone del supplizio infertomi per averlo difeso; i sempre pregiatissimi «DIRIGENTI Arch. Pasquale Mininno», quello della truffa della fogna bianca insieme al SINDACO; il «Dott.Alessandro Vaccarella»; l’«Arch. Pietro Zaccaro», l’amico indifferente spettatore; la «D.ssa Silvana Belmonte», quella che avevo io suggerito a quel ruolo e, ora, per conservarlo, sottomessa e a disposizione del mammasantissima assessore; il «Dott. Livio Caiozzi», l’avventizio fuori luogo, scelto in mancanza di uno migliore. Infine, l’«Avv. Mario Carlino», il venduto e squallido furfante scoperto con le mani nella marmellata e «transfugo» in corso, nonché, dulcis in fundo, il bieco esecutore, «Dott. Ciro Sacco», quello del «sotto il vestito, niente» per capirci! PARDON! Dimenticavo i «Preg.mi ASSESSORI», effimeri e servi utili dell’assessore! Praticamente la «cosca» al completo, l’organizzazione a delinquere mafiosa tutta nella intestazione di una lettera capziosa. Risposi a quella lettera ma non ve la riporto, miei cari sei lettori (avevo scritto amici, per errore). Questo per evitare di confondervi in quanto la mia lettera, per smentire il causidico e sventarne l’ipocrisia, fa riferimento a tutta una serie di avvenimenti, atti e lettere precedenti che, inseriti in questo capitolo, vi porterebbero fuori rotta e fuori da questo momento del racconto tanto che, per tutti i riferimenti connessi, ci sarebbe da perdere la bussola. Ed io insieme a voi. Ne avrete, in ogni caso, ragione e consapevolezza, miei cari sei lettori, nel prosieguo di questo racconto in modo da intendere appieno il senso della mia risposta e della «mentita per la gola» data a questo improvvisato amministratore. Non mi esenterò, invece, dal farvene un cenno, limitandomi, per chiudere al più presto questo capitolo, all’aspetto più ironico a cui quella lettera del Riccioni, per gli indirizzi in epigrafe, dava spunto. Vi citavo, per l’appunto, una novella del Boccaccio, che vi inviterei a rileggere per cogliere appieno il senso della mia citazione con riferimento al fatto che per quanto fosse chiaro il contenuto, il senso e le accuse della mia lettera, il Riccioni faceva finta di non averle lette per «non ricavarne vergogna» ma che, per non sembrare   uno   sprovveduto   e,   tuttavia,   per   non   scoprirsi,   si   limitava   a   rivolgersi a “tutti” eccetto che a chi ne era l’autore. La citazione, nella mia lettera, era questa: “Devo, innanzitutto, ancora una volta darLe atto della Sua magnanimità e della ampiezza di vedute da cui Lei continua ad essere animato, alla pari del “savio Agilulf re de’ Longobardi” (come rappresentato dal Boccaccio nella novella seconda della terza giornata) che, pur “avendo l’animo già pieno d’ira e di mal talento”, preferì tacere per evitare la vergogna che avrebbe avuto se avesse parlato, limitandosi solo all’uso di “un paio di forficette” (praticamente l’assessore Riccioni) e che, “disposto a non volere per piccola vendetta acquistar gran vergogna”, per non scoprirsi si limitò a rivolgersi a “tutti” (praticamente Sindaco, dirigenti e assessori, Sacco e Carlino compresi) per dir che se l’avevano fatto “non lo facessero mai più”. Continuavo poi su quello che era taciuto… Ma più che la mia citazione, valga Boccaccio e la «Letteratura» per cui, se volete, potete «di-vertire» la vostra mente con questa novelletta medievale utile a descrivere il silenzio di un assessore, a suo tempo, e quello di un sindaco nel tempo attuale. Io, nel frattempo, mi dedico a limare la mia «ultima» lettera al digiunatore e sindaco del Comune da quarto mondo. E’ stato proprio Boccaccio con il suo racconto, riesumato da questo ripescaggio di fogli e di memorie, a fornirmi lo spunto per questa ulteriore e solitaria corrispondenza con il nulla. Ora mi è, infine, chiaro il motivo per cui il laureato della Luiss non risponde! La sapete la battuta del figlio del mafioso al ritorno dall’esame? «Patri, nenti dissi!» E quella del Boccaccio?
«… che, pur “avendo l’animo già pieno d’ira e di mal talento, preferì tacere per evitare la vergogna che avrebbe avuto se avesse parlato” »
Capitolo Quarto
sans everopuntoit, 13 aprile 2017
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CAPITOLO QUARTO ll Silenzio è Mafia
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