Forse
è
giusto
tutto
questo.
E
normale!
Rientra
nell’ordine
delle
cose
che
mi
abbiano
sequestrato
con
una
certificazione
illegale,
con
una
ordinanza
del
Sindaco
firmata
in
bianco,
per
ordine
del
mammasantissima
assessore
a
cui,
volenterosi carnefici, si sono asserviti due funzionari comunali?
Forse
è
normale
che
io
sia
stato
sollevato
dall’Ufficio
che
avevo
creato
e
che
si
era
distinto
per
efficienza,
iniziative
e
disponibilità.
Il
fatto
stesso
che
le
centinaia,
migliaia,
di
cittadini,
che
in
cinque
anni
si
erano
rivolti
all’URP
per
esporre
lagnanze,
richieste,
problemi,
trovando
sempre
accoglienza
e
interesse,
non
avessero
notato
la
chiusura
di
quell’ufficio
né
se
ne
fossero
lamentati,
era
già questo un segno del mio fallimento e della inutilità del mio agire.
Forse
dovevo
accettare
l’essere
stato
privato
di
quell’impegno
a
cui
mi
era
dedicato totalmente, in maniera assurda; di certo in maniera esclusiva.
Cosa aveva detto Mastroiorio in un comizio in piazza municipio nel 2001?
«Solo un pazzo! Solo un pazzo poteva fare quello che ha fatto lui!».
Il
mio
non
era
un
lavoro
ma
un
gioco
creativo,
una
missione
da
svolgere
dalla
parte
del
cittadino;
a
favore
delle
persone.
Mi
sembrava
che
il
mondo
si
potesse
cambiare
creando
comunità,
sodalizio,
restituendo
dignità
e
centralità
al
cittadino;
dando
voce
e
spazio
alle
lamentele,
risposte
e
interventi
alle
loro
richieste;
facendo
pressione
sugli
uffici
che
non
le
avevano
accolte.
Venivo
accusato
addirittura
di
travalicare
i
miei
compiti
e
che
stavo
facendo,
invece,
il
Difensore Civico, senza avere la Laurea!
Quando
quella
giornalista
mi
aveva
chiesto
al
termine
di
una
intervista
telefonica
di
riassumere
i
compiti
di
quel
nuovo
ufficio,
avevo
avuto
la
prontezza
di
rispondere,
allora,
a
differenza
di
oggi,
senza
enfasi,
che
il
compito
dell’Ufficio
Relazioni
con
il
pubblico
era
quello
di
«suscitare
i
bisogni
inespressi
dei
cittadini»,
un
guardare
al
cittadino
da
parte
della
Pubblica
Amministrazione,
come a una persona della quale porsi a servizio.
E, invece, niente. Tutto normale.
E forse E’ NORMALE!
«Ma
che
vuoi?»
gli
aveva
detto
qualcuno
«Ma
lo
sai
che
qui
non
si
parla
più
del
Comune e del Sindaco, ma dell’Urp e di Macchiarola?!»
E
ora?
Forse
è
giusto
che
la
mia
ambizione
di
fare,
quel
mio
totalizzarmi
nel
lavoro
senza
interruzione,
senza
andare
a
pranzo,
trascurando
la
famiglia,
fino
a sera tardi, anche oltre mezzanotte… forse è giusto che sia punita.
Fino
a
dodici,
quindici
ore
di
lavoro
e
nelle
ultime
giornate
di
dicembre
del
2000,
quando
c’era
stato
da
terminare
il
CD-Rom?
Fino
a
quarantotto
ore
senza
mangiare e dormire!
Eppure,
miei
ormai
carissimi
sei
lettori,
quanti
dubbi,
quante
paturnie,
quante
titubanze in questi anni!
Quante
volte
in
questi
quindici
anni
di
silenzio,
quante
volte
sono
rimasto
invischiato
nel
garbuglio
di
pensieri
che
mi
facevano
dubitare
delle
mie
reazioni,
mi
angustiavano
le
giornate,
mi
atterrivano
nel
dormiveglia
e
mi
facevano risorgere dall’assurdità dei miei incubi, madido di sudori freddi!
Capitolo Quarto
Il silenzio è mafia
(2)
sans
everopuntoit, 8 aprile 2017
CAPITOLO QUARTO
ll Silenzio è Mafia