Lufficiochenoncè IL TRASFERIMENTO PUNITIVO E L’ADDEBITO POSTICCIO …segue Con la stessa data del 4 luglio, avevo ricevuto anche una contestazione di addebito A tale addebito non detti, allora, alcuna importanza. Era chiaro, vista la concomitanza con l’ordine di trasferimento sotto il Sacco, che si voleva esercitare una pressione psicologica sulla mia persona. Non vi detti alcuna importanza in quanto mi sarebbe stato facile rispondere se mi avessero chiesto di farlo ma con quella contestazione mi si fissava solo la convocazione presso il legale del Comune, Mario Carlino, già comandante dei Vigili quale vincitore di concorso, che ora ritrovavo in quella nuova veste. Che io avessi potuto affibbiare, rivolto alla amministrazione del Comune, l’epiteto di “merde” non posso escluderlo e, se mai fosse, non potrei che confermare di aver potuto esprimermi con una espressione così forte. Vorrei vedere un altro al posto mio! Potevo facilmente escludere, invece, che avessi espresso quell’epiteto rivolto alle colleghe della Segreteria data la stima che avevo (escludendo, sia chiaro, Elena Colio) nei confronti di ciascuna di loro per i rapporti intercorsi, specialmente, con Cristina De Santis, anche quando non ero più in quell’ufficio. Se, poi, la “boutade” espressa in quel momento, paragonando Elena Colio, al cavallo di Troia, la si volesse tradurre come “poco di buono”, per quanto travisasse la battuta in un giudizio, avrei potuto rispondere che “poco di buono” ben poteva attribuirsi a una persona capace di fare contro un collega un’azione tanto indegna da essere rifiutata da colleghe più serie. Non mi preoccupai, dunque, di quell’addebito in quanto, allorché fosse giunto il momento avrei saputo rispondere senza problemi. In più, c’era la segnalazione dell’avvocato-assessore Mauro Riccioni - proprio quello c’era venuto nel mio ufficio a dirmi che vi avevo fatto “i cazzi” miei mentre, invece, volevano farvi i “loro” - che, in quella occasione, non era presente. C’era, poi, quella concomitanza di data col mio trasferimento e il fatto che “il Dirigente di Settore” ne aveva fatto segnalazione alla Avvocatura Comunale-Ufficio per i procedimenti disciplinari “con nota “prot. . 1573 del 25.6.2001” dopo aver ricevuto “una formale segnalazione” (tanto formale da non poterla datare portare a mia conoscenza) da parte dell’assessore e che la nota protocollata il “25.6” dal dirigente, era pervenuta al suo ufficio “in data odierna” ovvero, guarda caso, il 4 luglio, dopo, a contarli, dieci giorni! Quello che mi sfuggì allora e di cui mi rendo conto solo ora, è che il tutto mi viene attribuito in data 18 giugno, alle ore 13.00 per cui, per quanto lo escluda, mi viene, in questo momento, il dubbio che lo stesso episodio, da me collocato in data 11 giugno, giorno in cui fui dimesso dal ‘manicomio’, fosse accaduto, invece, il 18, nei giorni in cui ero del tutto ingolfato nella stesura della mia denuncia e mentre ero assente, in malattia. Nel dubbio, mi astengo ma, comunque, sono in grado di mostrare la tabella delle assenze per malattia nell’anno 2001, come ricavata dalla documentazione presente agli atti nel procedimento intentato, anni dopo, davanti al Giudice del lavoro.
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Capitolo DODICESIMO L’UFFICIO CHE NON C’E’
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