L’Ufficiochenonc’era
IL GATTO CON GLI STIVALI
…segue
Comprendevo
che
per
procedere
in
quella
direzione,
occorreva
dare
soluzione
ad
ogni
divergenza
‘caratteriale’
tra
Caposiena
e
Cologno
per
cui,
in
occasione
di
una
cena
ufficiale
con
i
rappresentanti
dell’Associazione
Temporanea
di
impresa
(ATI),
in
gara
per
l’aggiudicazione
del
bando
del
Dipartimento
della
Funzione
Pubblica
per
il
progetto
PASS
presentato
dall’URP,
mi
detti
da
fare
perché
presenziasse
all’incontro
anche
l’assessore
Fernando
Caposiena
e,
in
via
amichevole,
il
responsabile della Spael, Mister Ipsilon.
Mi
sfuggiva,
in
quel
momento,
la
nascosta
ambizione
di
quest’ultimo
per
cui
quando,
poi,
mi
resi
conto
che
puntava
alla
nomina
a
Direttore
Generale
del
Comune,
gli
feci
presente
che
ciò
era
del
tutto
fuori
questione
e
che
poteva
sentirsi
più
che
soddisfatto
del
contratto
che
avrebbe
concluso
con
il
Comune
e
che,
semmai
volesse
pretendere
a
un
ruolo,
poteva
accontentarsi,
ove
possibile,
di
quello
di
Direttore
della
Scuola da prevedere eventualmente nella Pianta Organica.
In
seguito
mi
detti
da
fare,
anche
se
non
so
decidermi
se
ciò
sia
accaduto
alla
fine
del
‘99
o
all’inizio
del
2000,
per
organizzare
una
cena
a
quattro
con
Caposiena
e
Cologno,
presente
anche
Mister
Ipsilon,
durante
la
quale
ebbi
modo,
tra
l’altro,
di
esporre
il
mio
organigramma:
Cologno
a
Direttore
Generale,
Silvana
Belmonte
a
sostituirlo
nella
funzione
di
dirigente
di
Settore,
la
creazione
di
un’Area
della
Comunicazione
da
assegnare
a
Carolina
Tricarico…
venendo
interrotto
da
Caposiena
-
che,
sia
chiaro,
allora
chiamavo
Fernando
-
il
quale
disse:
“Ma
la
Belmonte
non
ha
la
Laurea!”,
e
a
cui
spiegai
che
sì,
ce
l’aveva,
di
quelle
che
si
prendono
a
distanza,
ai
tempi
di
Vittorio…
e
la
prospettiva
da
me
delineata
quella
sera
non
suscitò
altra
opposizione
che
quella
da
parte
di
Fernando.
La
cena
terminò,
quindi,
con
piena
soddisfazione
da
parte
mia,
convinto
che
non
ci
sarebbero
stati
intoppi
ma,
quando
il
giorno
dopo
telefonai
a
Mister
Ipsilon
per
condividere
con
lui
il
mio
entusiasmo,
questi
mi
aggredì
con
una
ferocia
del
tutto
inusitata
in
quanto,
a
suo
dire,
non
avevo
tenuto
conto…
ma,
per
non
farla
lunga,
per
quanto
gli
chiarissi
che
non
avevo
assunto
alcuno
impegno
nei
suoi
confronti,
continuò
a
insistere
su
quella
pretesa
come
se
gli
fosse
dovuta
con
una
tale
veemenza
e
sicumera
da farmi chiudere la telefonata con un deciso e sonoro “Ma vaffanculo!”
Capitolo SETTIMO
L’UFFICIO CHE NON C’ERA
Parte seconda