L’Ufficiochenonc’era L’AFFARE NARGISO Qui devo trattare più ampiamente di un episodio di cui ho già fatto cenno nelle pagine del “Vecchio sito” anche se, per i già noti motivi, non sono in grado di fornire alcuna documentazione ho riferimenti precisi per quanto riguarda la data. Mi limito, pertanto, a collocare nei primi mesi del 1999 il giorno in cui il sindaco Giuliani mi convocò nel suo ufficio. “Siediti” mi disse “e non dire una parola!” Ed io ascoltai in silenzio il racconto che fece della sua antica amicizia e vicinanza politica con il consigliere Luigi Nargiso e, senza darmene ragione, della sopravvenuta rottura del loro sodalizio per cui questi, dopo essersi dimesso dal partito, stava a creargli fastidio con la richiesta di essere riconosciuto Capo gruppo in seno al Consiglio comunale per cui, avendone ricevuto un fermo rifiuto, aveva fatto ricorso al Ministero dell’Interno e che la questione si era protratta nel tempo senza soluzione fino all’ultima lettera con la quale il Ministero imponeva al Sindaco di sottoporsi a quella richiesta, ritenendola legittima. “Qui sono circondato da una massa di imbecilli” aggiunse “che non sanno nemmeno scrivere una lettera!” Per quanto mi fosse ben chiaro chi fossero i destinatari di quell’epiteto, mi era altrettanto evidente che stava sopravalutando oltre misura il mio diploma di Maturità Magistrale con il riconoscermi capace di risolvergli un problema per lui esiziale in cui altri avevano fallito. Ma tanta era la fiducia che mi accordava con quell’incarico che non fui capace di sottrarmi al compito che mi attribuiva e che, in un qualche modo, subii senza neanche richiedergli la documentazione precedente alla comunicazione ministeriale con la quale gli si imponeva il riconoscimento che fino ad allora aveva negato. Dopo essere tornato nel mio Ufficio e aver consultato il Regolamento del Consiglio Comunale ero arrivato alla conclusione che non avrei potuto esaudirlo visto che già era stato riconosciuto al consigliere Matteo Iantoschi, per quanto componente unico e solitario, il ruolo di Capo gruppo consiliare, come giustamente argomentava il consigliere Nargiso. Mi infastidii, quindi, quando dopo appena mezz’ora dal mio “incarico” ricevetti la sua telefonata. “Allora, hai fatto?” con tono spazientito. “Sindaco, dammi almeno il tempo di studiare la faccenda…” “E che ci vuole a scrivere una lettera?!” mi rispose e mi chiuse il telefono in faccia. Telefonai, del tutto sconsolato, ad una persona per riprendermi da quell’assillo, spiegandogli come fossi stato onorato dal sindaco che mi aveva riconosciuto capacità ‘taumaturgiche’ senza che potessi soddisfarlo nella sua aspettativa in quanto aveva inevitabilmente torto a contrastare la richiesta del suo ex amico. “E tu ti arrendi al primo intoppo?” mi rispose. “Possibile che tu non sia capace di risolvergli la questione?” E lo trovai, l’inghippo! È vero, risposi in sostanza al Ministro, che il consigliere Matteo Iantoschi, per quanto suo unico componente, è stato riconosciuto Capo gruppo consiliare ma ciò era avvenuto nella fase di primo insediamento del Consiglio e che, d’altronde, avrebbe ingenerato solo scompiglio se, a qualunque consigliere dissociato dal partito in cui era stato eletto, si fosse riconosciuto quel ruolo in tempi successivi. Completai la lettera e andai a consegnargliela. “Avanzo un pranzo!” dissi a Giuliani nell’uscire ma, poi, aggiunsi una frase fatale: “Tanto lo so che, alla fine, se gli altri mi hanno mandato i Vigili Urbani per farmi fuori, tu mi manderai i Carabinieri per cacciarmi dal mio Ufficio!” non sospettando, allora, peggiori alternative.
continua
Capitolo SETTIMO L’UFFICIO CHE NON C’ERA Parte seconda
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