L’Ufficiochenonc’era La scrivania Ebbi anche occasione, in quel periodo, di risolvere il dissidio con Vittorio Mundi. Mi aggiravo, in quel giorno imprecisato di due mesi prima delle elezioni Politiche del 21 aprile 1996, nel corridoio del Comune quando incontrai De Rosa che mi dette la notizia della candidatura al Senato di Vittorio. Alquanto sorpreso, gli esternai la mia sorpresa e lui insistette ad invitarmi a seguirlo per fargli gli auguri. Confesso che lo feci con una certa riluttanza, alquanto incerto sull’atteggiamento da avere nei suoi confronti, dato che mai avevo avuto occasione di incrociarlo da quel giorno. Vittorio, circondato da dipendenti affollati negli auguri, per quanto continuasse a schernirsi della eventualità che si realizzasse la prospettiva che gli si offriva, era troppo soddisfatto di e della ridondanza della sua candidatura per dar peso alla mia presenza e ritenerla importuna e, dei due nuovi entrati, De Rosa gli si mise accanto, in segno di amicizia, dietro la scrivania mentre io, rimasto di fronte e pronto ad attribuire a lui la mia presenza nel suo Ufficio qualora Vittorio avesse da risentirsene, lasciai parlare lui per primo, accodandomi al suo augurio in maniera del tutto incolore. “E già” disse Vittorio “voi fate gli auguri ma poi pugnalate alle spalle” o qualcosa di simile che mi diede occasione di replicare, all’impronta: “Ricorda, Vittorio, che bisogna amare i propri nemici!”, suscitando il riso di De Rosa e un commento residuo di Vittorio sulle radici clericali di quel modo di dire di cui quello aveva riso. La frase la ricordo bene, anche se poteva essere ambivalente dal punto di vista di Vittorio mentre da parte mia volevo intendere il mio sentimento nei suoi confronti per quanto mi si fosse dimostrato nemico. segue…
Capitolo SESTO L’UFFICIO CHE NON C’ERA
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