Per quanto riguarda il mio rapporto con Vittorio, il bello era che, nonostante il ripresentarsi nel tempo di una conflittualità dovuta ad una diversità caratteriale, ciò non lasciava strascichi che il tempo non riuscisse a lenire. Devo attribuire ciò, più che al suo carattere, alla stima di fondo che conservava nei miei confronti anche se, poi e di fatto, non era capace apertamente di riconoscerla. Vale la pena di citare quanto accadde in occasione del ballottaggio per l’elezione del sindaco del 26 giugno 1994, che segnò la vittoria di Vincenzo Canelli su Luigi Nargiso, quando, mentre Tantimonaco era assente, nel parlare con Vittorio nel suo ufficio, appresi che non aveva provveduto alla nomina dei rappresentanti di lista in quanto, a suo parere, non ce n’era bisogno valendo le nomine effettuate al primo turno. “Ma no, Vittorio!” replicai. “Il ballottaggio è una nuova elezione a tutti gli effetti per cui è necessario procedere alla nomina dei nuovi rappresentanti di lista”. Ma non ci fu verso. Si era impuntato e si rifiutò di ascoltare persino la logica con la quale giustificavo quella che lui considerava una mia interpretazione soggettiva per quanto sostenessi che le nuove aggregazioni consentite dalla legge a favore dei due candidati in ballottaggio comportavano un nuovo e diverso profilarsi dei partiti e quindi delle loro rappresentanze. Il fatto, inoltre, che Tantimonaco fosse assente non mi dava la possibilità di far valere le mie ragioni a una figura più in alto per cui insistetti con Vittorio tanto strenuamente fino a suscitarne l’ira. Quando la discussione prese alla fine i toni di una diatriba, fui costretto a desistere ma non senza preavvertirlo della gravità del suo errore. Quella notte, mentre i Carabinieri, a seguito di un intervento del Ministero dell’Interno, tenevano sotto pressione lui e Tantimonaco, richiamato in sede per quella straordinaria circostanza, col rischio che li arrestassero, eravamo in piazza Municipio, insieme a un gruppetto di dipendenti della Ragioneria, io e Matteo Lo Presti, al quale avevo circostanziato la questione e le ragioni della mia opinione al proposito, a interrogarci su come sarebbe finita quella faccenda visto il protrarsi della presenza dei carabinieri sul Comune. Non so come finisse la cosa anche se fui presente al solenne rimprovero di Tantimonaco a Vittorio e alla Belmonte per l’accaduto che egli si rappresentava come un’onta inconcepibile e tanto deplorevole per la sua carriera e la sua reputazione. Mi rimase solo il dubbio, avendo dibattuto con più di uno su come si dovesse interpretare la questione dei rappresentanti di lista in caso di ballottaggio e le ragioni addotte a sostegno della mia personale opinione, se dovessi ritenere d’essere stato io, se non il responsabile, almeno la causa indiretta di quel marasma.
Capitolo QUINTO LA PERMANENZA IN SEGRETERIA
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