GREGORIO VII (1020-1085) 157° papa della Chiesa cattolica. Al secolo Ildebrando di Soana, fu monaco cluniacense, già consigliere del papa Leone IX e di Vittore II e cappellano di Gregorio VI, suo maestro, che seguì nell’esilio in Germania dopo la sua abdicazione del 1056. Esercitò una determinante influenza sui cinque pontefici che si succedettero fino al 1073, tutti impegnati nel rinnovamento della Chiesa e per il suo primato nei confronti del potere secolare. Nel 1054 convinse Enrico III a scegliere come successore di Leone IX il papa Vittore II. Nel 1055 presiedette il concilio di Tours indetto per esaminare l’eresia di Berengario di Tours sulla sola presenza spirituale di Cristo nell’Eucarestia. Nel 1056 venne inviato dal neo eletto papa Stefano IX in Germania per ottenere l’approvazione imperiale all’elezione. Nel 1058 contro l’antipapa Benedetto X e ottenendo il sostegno di Goffredo di Lorena si adoperò per l’elezione di Niccolò II e ne promosse il riavvicinamento con i normanni e il sostegno al movimento pauperista. Nel 1061 guidò l’ascesa al soglio pontificio di Alessandro II, primo papa ad essere eletto senza alcun intervento del potere imperiale suscitando la reazione dell’imperatrice Agnese che nel concilio di Basilea fece eleggere l’antipapa Onorio II. Nel 1073, nel corso del funerale di Alessandro II, il popolo romano lo acclamò papa e, condotto a San Pietro in vincoli fu elevato alla dignità pontificia dai cardinali presenti assumendo il nome di Gregorio VII. Nel 1074, poiché cinque consiglieri reali da lui scomunicati continuavano nel loro ruolo, impose a Enrico IV di sciogliere ogni rapporto con loro costringendolo a fare atto di penitenza di fronte ai legati papali e a giurargli obbedienza. Nel 1075 stabilì che un presbitero sposato o concubinario doveva essere sollevato da suo ministero e privato di qualsiasi beneficio e ordinò ai duchi di Svevia e di Carinzia di impedire con la forza l’ufficio liturgico da parte dei ribelli. Nel 1075 con il Dictatus papae affermò la supremazia della Chiesa sull’impero e lanciò anatema contro l’investitura degli ecclesiastici da parte dei laici con la minaccia di scomunica senza che, tuttavia, Enrico ponesse in atto le sue disposizioni continuando ad investire suoi uomini nella Diocesi di Milano, Fermo e Spoleto. Nel 1076, un concilio dei vescovi di Germania indetto a Worms nel mese di gennaio, stabilì la sua deposizione dal soglio pontificio e un successivo concilio di vescovi lombardi riuniti a Piacenza giustificò l’annullamento della elezione per essere avvenuta per acclamazione e non secondo i canoni stabiliti. Nel 1076, il mese di febbraio, disconobbe i concili di Worms e Piacenza dichiarandoli scismatici e, rivendicata la legittimità della sua elezione, pronunciò la sentenza di scomunica contro Enrico IV, spogliandolo della dignità regale e sciogliendo i sudditi dal giuramento di fedeltà, che vi corrispose con una lettera durissima definendolo “falso monaco” e chiedendo ai romani, nella sua qualità di Patrizio di eleggere un nuovo pontefice. Nel 1076, una dieta di principi riuniti, alla presenza di un legato pontificio, a Trebur, in Assia, si pose a suo favore decidendo che Enrico IV avrebbe dovuto chiedergli perdono e che, se entro un anno dalla scomunica, 2 febbraio 1077, questa fosse ancora in vigore, il trono imperiale sarebbe stato ritenuto vacante, rinviando la verifica di tali condizioni alla dieta da tenersi ad Augusta in quella data. Nel 1076, ratificato l’accordo, si mosse da Roma giungendo a Mantova nei possedimenti della contessa Matilde mentre Enrico IV, deciso ad andargli incontro ed essendogli impedito il passaggio delle Alpi dal suo maggiore avversario, Rodolfo di Svevia, fu costretto a entrare in Italia, deviando verso la Francia, attraverso il passo del Moncenisio. Nel 1077, tornato indietro a Canossa, il 25 gennaio accetto, per l’intercessione dell’abate Ugo di Cluny, padrino di Enrico IV, di incontrare l’imperatore revocandogli, poi, la scomunica solo cinque giorni prima del termine fissato. Nel 1080, il 7 marzo, dopo l’elezione a re di Germania di Rodolfo di Svevia da parte dei principi ribelli e la grande rivolta dei Sassoni , che costò a Enrico IV due sconfitte sul campo nelle battaglie del 1078 e del 1080, si pronunciò nuovamente per la deposizione di Enrico con una seconda scomunica. Nel 1080, il 26 giugno, accusato in un concilio a Bressanone, fu di nuovo dichiarato deposto dal pontificato da Enrico IV che nel successivo mese di ottobre riportò una decisiva vittoria sui principi ribelli in una battaglia ove lo stesso Rodolfo di Svevia perse la vita. Nel 1080, per sostenere il rinnovarsi dell’urto con Enrico IV, stipulò un trattato con Roberto il Guiscardo a cui, già nel 1075, aveva ritirato la scomunica comminatagli per la presa di Benevento. Nel 1081, furono intavolate trattative con Enrico IV che, forte della vittoria sui suoi oppositori, era sceso in Italia riaprendo il conflitto. Nel 1083, essendo ritornato Enrico IV ad attaccare Roma e a superare le mura leonine, fu costretto a rifugiarsi nel Castel Sant’Angelo venendovi assediato fino ad autunno inoltrato per poi convocare, alla sua partenza, un sinodo che espresse condanna a quanti avevano impedito ai vescovi di prendervi parte. Nel 1084, tornato Enrico IV a Roma e abbandonato da gran parte dei cardinali, venne scomunicato da un concilio convocato in San Pietro il 24 marzo e, dichiarato deposto, fu eletto un suo successore col nome di Clemente III che il 31 marzo incoronò Enrico IV imperatore. Nel 1084, chiamati in suo soccorso i normanni, venne liberato da Roberto il Guiscardo che, costretto Enrico IV e l’antipapa alla ritirata, devastò e mise a sacco la città per cui, affossato da quella catastrofe il suo legame con il popolo romano, nel mese di giugno si lasciò condurre in salvo a Salerno dove morirà per malattia il 25 maggio 1085. Gli succederà Vittore III.
sanseveropuntoit, 21 febbraio 2025
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