sanseveropuntoit, 21 febbraio 2025
IL CD-ROM
“SAN SEVERO 2000”
Il manoscritto Per secondare i desideri delle mie correligiose, imprendo a dire brevemente della erezione del nostro Monastero. E sebbene non avessi notizie precise per descrivere dettagliatamente le cose tutte, pure dalle poche carte volanti che ho rinvenute mezze corrose dal tempo, e da quello che mi fu raccontato dalle monache anziane, che per tradizione ne sapevano qualcosa, ne ho ricavato quanto segue: Nel millecento, o come vogliono altri nel mille cinquecento, nella città di San Severo tre giovinette figlie di un notaio nativo di detta città “non dico del nome di esse del cognome perché mi è stato impossibile averne tracce”, desiderando abbandonare il mondo per servire Dio in luogo lontano da’ tumulti del secolo, si rinchiusero in una casa di loro pertinenza nel sito detto di porta Apricena. E siccome dal loro genitore oltre le poche stanze ebbero anche un orto vicino al quale esisteva una Chiesetta sotto il titolo di S. Maria Maddalena, fecero istanza a chi si doveva, per avere a loro disposizione la detta chiesa, la quale le fu ceduta perché cosa meschina e quasi cadente. Così con le poche stanze, con l’orto, e la chiesa ché l’uno vicino all’altro quasi un solo tenimento formando, diedero principio al nostro Monastero, cioè incominciarono a vivere come se fossero donne secolari ritirate in un conservatorio. Vestivano abiti di roba oscura, non uscivano per la città, osservando quasi la clausura, per essere così più solerti nel servire il Signore, il quale nel ritiro dal mondo, e nel silenzio della vita contemplativa parla alle sue spose, ricolmandole a dovizia di beni spirituali. Alle tre donzelle dette di sopra se ne associarono altre in varie epoche. Avevano per dote la modica somma di ducati cento quaranta, tra contante e corredo, e questo non era bastante a poter tirare innanzi la vita, perciò erano intente a cucire, filare, ricamare, e ad altri lavori domestici. Vivevano dunque queste serve di Dio santamente, e forse coll’andare del tempo, ebbero un’idea della Regola di san benedetto, da’ monaci Benedettini di Torremaggiore, però non indossarono l’abito monastico, e questo me lo accerta una scrittura antichissima, nella quale si parla di della ricezione di tre giovinette, che furono: Laura Bruno di San Severo, Prudenza Carda della città di Lucera, e Marta Tagliente della città di Troia. Nel primo istrumento di Laura Bruno in data de’ 29 marzo 1572 stipulato dal notaio Giovan Francesco de Nuptiis. Quello di Prudenza Carda in data 15 maggio dello stesso anno 1572 stipulato dal notaio Gian Donato Centonza, e quello di Marta Tagliante in data de’ 4 maggio 1575 dal notaio Gasparo Caldarella, tutti di San Severo. Nei quali istrumenti si osserva non esservi stato in que’ tempi noviziato professione monastica, perché menoma parola se ne riscontra. Ma nel primo istrumento si veggono promessi ducati cento con poco corredo che si competeva a donna del secolo. Nel secondi si leggono ricevuti cinquanta a compimento delli cento antecedentemente promessi, e similmente poco corredo, e nel terzo attesta il procuratore e con essa la Badessa suor Antonia Bervese, di aver ricevuto ducati venticinque in moneta d’argento come resta che Gian Girolamo Tagliente doveva dare a sua figlia suor Marta per la dote promessa. Ed omessi i mobili, e corredo che seco portò suor Laura Bruno, voglio minutamente notare quelli che si veggono assegnati a Prudenza Carda. Tre tersieri “salvietti”, una filza di coralli, un spiumaccio con una veste di tela fina lavorata con seta nera, una caldaia mezzana, un’altra più piccola, una luce di ferro, una tina per lavare la biancheria, una tavola, un tavolino, un secchietto di rame per tirare l’acqua, due scuffie nere, due sottane. Se queste robe copiate “ad litteram” dal precitato istrumento siano cose adattate per una religiosa di clausura, ovvero per una donna di conservatorio ben si mostra chiaro, poiché li coralli, le scuffie eccetera sono cose che non si addicano alle claustrali che professano vita monastica, ma bensì alle donne di privata adunanza. E se parimenti dalli ducati cento che si davano per dote “oltre al corredo di ducati quaranta” se ne traeva in que’ tempi la rendita di ducati dieci annui, come è chiaro dal primo istrumento, in cui si asserisce, che Gian Girolamo Bruno non avendo danaro in contante costituì il censo sopra la sua casa coll’annua corrispondente rendita di ducati dieci. Se il retratto di ducati dieci annui, poteva essere bastevole a ciascuna per abiti, vitto, medicine in caso di malattie, ed altro bisognevole, ognuno di san mente il comprende. E’ chiaro dunque che tali donzelle doveano essere quasi sempre ne’ lavori, onde procurarsi più necessarie per vivere. Tanto tempo per impiegarlo ne’ lavori, manca alle religiose di qualunque ordine siano, dal perché le ore sono ripartite nella recita dell’ufficio, nella meditazione, lettura spirituale, e in altre opere di pietà. Si lavora solo in quelle poche ore che restano libere, dopo aver adempiti a tutti li precitati doveri. Resta dunque perfettamente conchiuso che per moltissimo tempo questo luogo che adesso forma il nostro Monastero, è stato una specie di conservatorio, e che abusivamente chiamavano la loro direttrice Badessa. E’ vero che tenevano un Procuratore, e che economizzavano per quanto l’era possibile onde avere del supero delle poche rendite qualche piccola somma onde poter fabbricare altre stanze adiacenti a quelle poche che avevano. Ma tanto il Procuratore quanto il pensiero di meglio ridurre la propria abitazione, e di qualunque adunanza specialmente religiosa. Ciò stante, il Monastero fu fondato con l’esatta Regola di S. Benedetto, e sotto il titolo di S. Lorenzo martire, da monsignore de’ Marchesi Malaspina nell’anno 1583, come ho rilevato da una antica memoria ed è come segue. Gregorio decimoterzo della famiglia Buoncompagni, prima fu Vescovo di Vieste, e poi essendo stato eletto Papa, eresse a Vescovado la città di San Severo addì 9 marzo l’anno 1580, e vi creò primo vescovo Martino de Martinis, aquilano, gesuita, il quale prima era stato vescovo di Lesina nella Dalmazia, e poi fu traslocato a vescovo di San Severo. Costui resse il Vescovado di San Severo per lo spazio di due anni, e poi passò a miglior vita. Il secondo vescovo fu Germanico de’ marchesi Malaspina, ed era toscano. Fu eletto da papa Clemente ottavo a’ 27 aprile 1583. [ Nota : nel 1583 era papa Gregorio XIII. Clemente VIII fu papa dal 1592 al 1605]
IL MONASTERO DI SAN LORENZO Manoscritto della suora benedettina Donna Filomena de Ambrosio
I CONVENTI