sanseveropuntoit, 10 maggio 2017
Fu
quella
stessa
mattina,
mentre
ero
circondato
da
diversi
colleghi,
che
notando
il
Comandante
dei
Vigili,
il
Sacco
Ciro,
ebbi
modo
di
scambiare
con lui poche parole.
«Ciro, ma come hai potuto farmi questa cosa?»
«Io ho solo eseguito un ordine…» provò a rispondere.
«E secondo te io ero pazzo quel giorno?»
«Non
potevo
sottrarmi.
Ho
eseguito
un
ordine.
Ho
una
divisa
io!»
mi
rispose, l’orgoglioso!
«E
sotto
la
divisa,
niente!»
lo
apostrofai,
allargando
le
braccia
con
tutto
il
disprezzo che il desso meritava.
«Guarda che posso denunciarti per questo!»
«E
che
aspetti?»
gli
risposi
e,
lasciandolo
di
sasso,
tornai
soddisfatto
al
capannello
di
colleghi
con
i
quali
andammo
a
festeggiare
al
bar
il
mio
ritorno.
Sì,
miei
cari
cinque
lettori,
non
avevo
alcuna
apprensione
in
quei
giorni
e
confidavo
in
un
pronto
rientro
nella
mia
funzione
e
in
una
esemplare
punizione
di
quei
delinquenti…
fin
quando,
due
giorni
dopo,
ricevetti
la
notizia che avevano rimosso i computer dal mio ufficio.
Questa faccenda dei computer mi aveva agitato.
Tutto
il
lavoro
di
cinque
anni
distrutto!
E,
poi…
forse
avevo
salvato
anche
qualcosa di privato sugli stessi!
Ma quello che più mi agitava era il sopruso!
La
denuncia
del
sequestro
poteva
aspettare.
Ora
occorreva
tentare
di
fermare la distruzione dei dati…
Andai,
quindi,
senza
indugio
alla
caserma
dei
Carabinieri
per
fare
la
denuncia.
Ora, miei cari cinque lettori, avete mai fatto una denuncia?
Trovai
un
carabiniere
annoiato
il
quale
mi
disse
che
i
computers
non
erano
mica
miei
ma
del
Comune
e
che
una
Amministrazione
pubblica
poteva disporne come le paresse più opportuno.
«Ma
sul
computer
ci
sono
tutti
i
dati
di
cinque
anni
di
attività
dell’Ufficio
Relazioni
con
il
pubblico
e,
di
più,
tutte
le
schede
del
Progetto
Pass
finanziato
dal
Dipartimento
della
Funzione
Pubblica»
e
che
quello
era
un
chiaro sopruso…
Dovetti
insistere
alquanto
perché
si
decidesse
ad
accogliere
la
mia
denuncia
ma
quando
alla
fine
si
approntò
a
sedersi
al
computer,
compresi
che
non
aveva
contezza
di
ciò
che
doveva
fare,
né
di
cosa
scrivere
tanto
che
cercò
di
invocare
l’aiuto
di
qualche
collega
che
passava…
finché
un
aitante
giovanottone con baffi e pizzetto rispose alla sua richiesta d’aiuto.
Fu
così
che
ebbi
modo
di
conoscere
il
Maresciallo
Giovanni
Fingo
al
quale
spiegai
tutta
la
faccenda,
ricominciando
dall’inizio,
chiarendo
come
questo
fosse
solo
il
secondo
atto
del
più
grave
reato
che
mi
riservavo
di
denunciare.
E questa è stata la mia prima denuncia…
Capitolo Sesto
I volenterosi carnefici - parte seconda