DIGIUNI E DINTORNI
Capitolo Secondo
Digiuni e dintorni 2 E la “feroce e disarmante spudoratezza” dei “malavitosi” di cui parla virgolettato nell’articolo, quanto è dissimile dalla persecuzione che ho subito in quegli anni con i procedimenti disciplinari artatamente e spudoratamente architettati, con l’isolamento imposto ai colleghi, con la diffamazione a mezzo stampa!? Quanto feroce era la spudoratezza dell’indifferenza e del silenzio con cui accoglievano le mie proteste e le lettere in cui evidenziavo le illegalità e gli arbitri perpetrati a mio danno!? E con quanta spudoratezza i miei “malavitosi” amministratori pubblici hanno continuato a commettere i loro reati per sei anni e mezzo in spregio delle più elementari regole di democrazia e di convivenza civile in attesa confidente e spudorata d’essere prosciolti senza nemmeno andare a processo! Cento, duecento, duecento cinquanta lettere con le quali ho messo alla berlina i loro trucchi furfanteschi, con accuse che non potevano passare sotto silenzio se dette da un cittadino e tanto più se gridate per iscritto da un dipendente! Eppure, silenzio! Un silenzio assurdo, incredibile, fantapolitico! E se andavo più oltre - miei cari, consentitemi, sei lettori - trovavo lo stesso silenzio e la stessa indifferenza dappertutto: dai Carabinieri, dalla Procura della Repubblica, dalla Prefettura, dal Ministero, dalla Corte dei Conti! Impossibile! Un silenzio assordante, galattico. Un incubo kafkiano, una realtà surreale dalla quale ti attendi di svegliarti prima o poi, annaspando.
Confesso che, non solo una volta, in quegli anni ho vissuto momenti di esaltazione per quella persecuzione assoluta e indefessa, vedendomi come eroe, personaggio di un film hollywoodiano che affrontava un complotto universale e, per quanto provato, estenuato, fiaccato da quel silenzio assoluto e da quella persecuzione feroce, indefessa e spudorata, non demordeva dal suo scopo. «Ma come!?» aveva detto a Cologno «io chiamo venduta una dirigente donna, chiamo mafioso un assessore e aggiungo che costui è un cancro, un verme che sta mangiando questa mela marcia di amministrazione e nessuno mi fa un rapporto o mi risponde!?». «Hanno paura» mi aveva detto una volta Maria, la collega. Paura? Ma come? Si inventano rapporti, procedimenti disciplinari insostenibili e inventati di sana pianta e non me ne fanno uno per quello che dico, che scrivo, che esce sui giornali e di cui dò conto anche col volantinaggio? «Hanno paura» gli aveva detto anche Carlo Iannarelli, quello che giocava a fare l’avvocato.
CAPITOLO SECONDO Digiuni e dintorni
sanseveropuntoit, 14 marzo 2017
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