Capitolo NONO
L’UFFICIO CHE NON C’ERA
Parte quarta
IL CD-ROM SAN SEVERO 2000
Chiesa di San Severino
L’ARCANA EPIGRAFE DI SAN SEVERINO
CREDITI: a cura di Domenico Tota
Sull’architrave
dell’entrata
ovest
della
chiesa
di
San
Severino
si
trova
una
iscrizione
la
cui
traduzione,
a
causa
delle
parole
tronche
ed
abbreviate,
ha
scoraggiato diversi professori di Lettere.
Nicola
Checchia,
dottore
in
Zooiatria,
morto
a
San
Severo
il
1957
all’età
di
70
anni,
curò
nel
1930
la
pubblicazione
del
libro
di
Antonio
Lucchino
intitolato
“Del
Terremoto
che
addì
30
luglio
1627
ruinò
la
città
di
Sansevero e terre convicine”.
Nelle
note
a
commento
del
testo,
il
Checchia,
a
pagina
84,
riporta
la
trascrizione
dell’epigrafe
in
questione
e,
dal
confronto
con
la
fotografia,
risulta
che
il
terzo
rigo
è
stato
completamente
ignorato.
Nel
saggio
dal
titolo
“San
Severo
nel
medioevo”,
inserito
alle
pagine
226-229
del
volume
“Studi
per
una
storia
di
San
Severo”
il
prof.
Pasquale
Corsi
riporta
la
scritta
nella sua interezza, accompagnata dalla relativa traduzione.
La
iscrizione,
a
cui
i
passanti
non
dedicano,
ormai,
alcuna
attenzione,
nel
testo
completo
che
ne
recupera
le
tronche
e
le
abbreviate,
completate
con
le
lettere
in
minuscolo, è, nella traduzione che ne offre il prof. Corsi, la seguente:
“(NOI)
RISANDO
RICHERIO,
per
grazia
di
DIO
umile
vescovo
di
Molfetta,
a
tutti
i
cristiani
che
alla
chiesa
del
Beato
Severino
di
San
Severo
ora
riconsacrata
abbiano
teso
una
mano
soccorrevole,
del
residuo
di
penitenza
loro
inflitta
secondo
i
canoni,
che
attualmente
non
hanno
potuto
portare
a
compimento
perché
afflitti
da
povertà,
oppressi
da
malattia
e
prevenuti
da
morte,
misericordiosamente
condoniamo
quaranta
giorni
di
pena.
Dato
a
San
Severo,
nell’anno
1224
dell’incarnazione del Signore, nel mese di maggio, dodicesima indizione.”
Il
prof.
Corsi
afferma
che
RISANDO
RICHERIO
non
fu
vescovo
di
Melfi
ma
di
Molfetta
negli
anni
dal
1222
al
1271
e,
alla
pagina
232
del
volume
citato,
il
prof.
Corsi
fa
rilevare
che
è
innegabile
“la
presenza
del
vescovo
RICHERIO
di
Molfetta”.
La
presenza
di
un
vescovo
estraneo
alla
Diocesi
di
Civitate,
da
cui
San
Severo
dipendeva,
è
da
spiegarsi
nel
fatto
che
dai
Papi
dell’epoca
era
stato
proibito
agli
abati di Terra Maggiore di esercitare nella nostra città le funzioni episcopali.
I
sanseveresi
avevano
ottenuto
il
privilegio
di
scegliersi
di
volta
in
volta
un
vescovo
a
loro
gradimento
che,
a
quell’epoca
era
il
vescovo
di
Molfetta
Risando
Richerio
il
quale
ebbe,
spesso,
modo,
per
ordine
della
Santa
Sede
di
intervenire
in
questioni ecclesiastiche riguardanti la Capitanata.
In
riscontro
a
contatti
avuti
con
l’archivio
diocesano
di
Molfetta,
il
suo
direttore,
Mons.
Luigi
Michele
de
Palma,
ha
fornito
una
propria
pubblicazione
dal
titolo
“La
sede episcopale di Molfetta nei secoli XI-XII”.
Ben
tredici
pagine
sono
dedicate
alle
attività
svolte
a
Molfetta,
nonché
in
tutta
la
Puglia
e
nel
meridione,
dal
vescovo
di
Molfetta
RISANDO
(e
non
RICHERIO)
e,
tra
le
altre
cose,
si
parla
della
riconsacrazione
della
chiesa
di
San
Severino
e
della
chiesa di Santa Maria officiata da parte del vescovo di Molfetta nell’anno 1224.
A
dissipazione
degli
ulteriori
dubbi,
mons.
De
Palma
afferma
che
RICHERIO
fu
vescovo
di
Melfi
dal
1218
al
1232
e
che
“non
vi
sono
documenti
che
possano
sostenere
l’ipotesi
di
un
secondo
nome
di
RISANDO,
mentre
è
più
probabile
la
confusione
(per
nulla
inconsueta
tra
i
vescovi
delle
due
diocesi)
con
il
vescovo
di
Melfi
RICHERIO,
contemporaneo
di
RISANDO.
E’
possibile
anche
che
l’epigrafe
sia
stata
posta
sull’architrave
in
un
tempo
posteriore
alla
consacrazione,
quando
ormai
nessuno
più
conosceva
con
precisione
il
nome
del
vescovo
officiante”.