Capitolo NONO L’UFFICIO CHE NON C’ERA Parte quarta IL CD-ROM SAN SEVERO 2000
La musica del sito sanseveropuntoit, 5 luglio 2023
Chiesa di San Severino
L’ARCANA EPIGRAFE DI SAN SEVERINO CREDITI: a cura di Domenico Tota Sull’architrave dell’entrata ovest della chiesa di San Severino si trova una iscrizione la cui traduzione, a causa delle parole tronche ed abbreviate, ha scoraggiato diversi professori di Lettere. Nicola Checchia, dottore in Zooiatria, morto a San Severo il 1957 all’età di 70 anni, curò nel 1930 la pubblicazione del libro di Antonio    Lucchino intitolato “Del Terremoto che addì 30 luglio 1627 ruinò la città di Sansevero e terre convicine”. Nelle note a commento del testo, il Checchia, a pagina 84, riporta la trascrizione dell’epigrafe in questione e, dal confronto con la fotografia, risulta che il terzo rigo è stato completamente ignorato. Nel saggio dal titolo “San Severo nel medioevo”, inserito alle pagine 226-229 del volume “Studi per una storia di San Severo” il prof. Pasquale Corsi riporta la scritta nella sua interezza, accompagnata dalla relativa traduzione. La iscrizione, a cui i passanti non dedicano, ormai, alcuna attenzione, nel testo completo che ne recupera le tronche e le abbreviate, completate con le lettere in minuscolo, è, nella traduzione che ne offre il prof. Corsi, la seguente:
“(NOI) RISANDO RICHERIO, per grazia di DIO umile vescovo di Molfetta, a tutti i cristiani che alla chiesa del Beato Severino di San Severo ora riconsacrata abbiano teso una mano soccorrevole, del residuo di penitenza loro inflitta secondo i canoni, che attualmente non hanno potuto portare a compimento perché afflitti da povertà, oppressi da malattia e prevenuti da morte, misericordiosamente condoniamo quaranta giorni di pena. Dato a San Severo, nell’anno 1224 dell’incarnazione del Signore, nel mese di maggio, dodicesima indizione.” Il prof. Corsi afferma che RISANDO RICHERIO non fu vescovo di Melfi ma di Molfetta negli anni dal 1222 al 1271 e, alla pagina 232 del volume citato, il prof. Corsi fa rilevare che è innegabile “la presenza del vescovo RICHERIO di Molfetta”. La presenza di un vescovo estraneo alla Diocesi di Civitate, da cui San Severo dipendeva, è da spiegarsi nel fatto che dai Papi dell’epoca era stato proibito agli abati di Terra Maggiore di esercitare nella nostra città le funzioni episcopali. I sanseveresi avevano ottenuto il privilegio di scegliersi di volta in volta un vescovo a loro gradimento che, a quell’epoca era il vescovo di Molfetta Risando Richerio il quale ebbe, spesso, modo, per ordine della Santa Sede di intervenire in questioni ecclesiastiche riguardanti la Capitanata. In riscontro a contatti avuti con l’archivio diocesano di Molfetta, il suo direttore, Mons. Luigi Michele de Palma, ha fornito una propria pubblicazione dal titolo “La sede episcopale di Molfetta nei secoli XI-XII”. Ben tredici pagine sono dedicate alle attività svolte a Molfetta, nonché in tutta la Puglia e nel meridione, dal vescovo di Molfetta RISANDO (e non RICHERIO) e, tra le altre cose, si parla della riconsacrazione della chiesa di San Severino e della chiesa di Santa Maria officiata da parte del vescovo di Molfetta nell’anno 1224. A dissipazione degli ulteriori dubbi, mons. De Palma afferma che RICHERIO fu vescovo di Melfi dal 1218 al 1232 e che “non vi sono documenti che possano sostenere l’ipotesi di un secondo nome di RISANDO, mentre è più probabile la confusione (per nulla inconsueta tra i vescovi delle due diocesi) con il vescovo di Melfi RICHERIO, contemporaneo di RISANDO. E’ possibile anche che l’epigrafe sia stata posta sull’architrave in un tempo posteriore alla consacrazione, quando ormai nessuno più conosceva con precisione il nome del vescovo officiante”.